La verifica dei progetti ai fini della validazione: nuove opportunità per i professionisti? – parte II

Drawing Compass and Graphing PaperLa regolamentazione della verifica dei progetti relativi ad appalti pubblici ai fini della validazione non è stata modificata sotanzialmente dall’uscita del nuovo Codice Appalti. Nel presente articolo, che segue la prima parte già pubblicata (La verifica dei progetti ai fini della validazione: nuove opportunità per i professionisti? parte I) su questo sito esaminiamo gliaspetti tecnici e gestionali che caratterizzano il servizio di verifica del progetto per Organismi di Ispezione e Società o Studi di Ingegneria.

Aspetti tecnci e procedurali della verifica

Cosa si intende per verifica del progetto

La verifica del progetto è trattata all’art. 26 del Codice degli Appalti. Essa è finalizzata ad accertare la conformità del progetto esecutivo o definitivo rispettivamente, al progetto definitivo o al progetto di fattibilità. La verifica accerta in particolare:

a) la completezza della progettazione e la rispondenza all’art. 23 del codice;

b) la coerenza e completezza del quadro economico in tutti i suoi aspetti;

c) l’appaltabilità della soluzione progettuale prescelta;

d) i presupposti per la durabilità dell’opera nel tempo;

e) la minimizzazione dei rischi di introduzione di varianti e di contenzioso;

f) la possibilità di ultimazione dell’opera entro i termini previsti;

g) la sicurezza delle maestranze e degli utilizzatori;

h) l’adeguatezza dei prezzi unitari utilizzati;

i) la manutenibilità e la presenza del piano di monitoraggio delle opere, ove richiesto.

I criteri generali della verifica erano descritti all’art. 52 del DPR 207/2010, che però è stato abrogato insieme a tutto il CAPO II. In assenza di nuove disposizioni possono comunque essere ritenuti validi aspetti del controllo stabiliti dal DPR 207/2010:

  • affidabilità;
  • completezza ed adeguatezza;
  • leggibilità, coerenza e ripercorribilità;
  • compatibilità;

intendendosi per:

a) affidabilità:

  • verifica dell’applicazione delle norme specifiche e delle regole tecniche di riferimento adottate per la redazione del progetto;
  • verifica della coerenza delle ipotesi progettuali poste a base delle elaborazioni tecniche ambientali, cartografiche, architettoniche, strutturali, impiantistiche e di sicurezza;

b) completezza ed adeguatezza:

  • verifica della corrispondenza dei nominativi dei progettisti a quelli titolari dell’affidamento e verifica della sottoscrizione dei documenti per l’assunzione delle rispettive responsabilità;
  • verifica documentale mediante controllo dell’esistenza di tutti gli elaborati previsti per il livello del progetto da esaminare;
  • verifica dell’esaustività del progetto in funzione del quadro esigenziale;
  • verifica dell’esaustività delle informazioni tecniche ed amministrative contenute nei singoli elaborati;
  • verifica dell’esaustività delle modifiche apportate al progetto a seguito di un suo precedente esame;
  • verifica dell’adempimento delle obbligazioni previste nel disciplinare di incarico di progettazione;

c) leggibilità, coerenza e ripercorribilità:

  • verifica della leggibilità degli elaborati con riguardo alla utilizzazione dei linguaggi convenzionali di elaborazione;
  • verifica della comprensibilità delle informazioni contenute negli elaborati e della ripercorribilità delle calcolazioni effettuate;
  • verifica della coerenza delle informazioni tra i diversi elaborati;

d) compatibilità:

  • la rispondenza delle soluzioni progettuali ai requisiti espressi nello studio di fattibilità ovvero nel documento preliminare alla progettazione o negli elaborati progettuali prodotti nella fase precedente;
  • la rispondenza della soluzione progettuale alle normative assunte a riferimento ed alle eventuali prescrizioni, in relazione agli aspetti di seguito specificati:
  • inserimento ambientale;
  • impatto ambientale;
  • funzionalità e fruibilità;
  • stabilità delle strutture;
  • topografia e fotogrammetria;
  • sicurezza delle persone connessa agli impianti tecnologici;
  • igiene, salute e benessere delle persone;
  • superamento ed eliminazione delle barriere architettoniche;
  • sicurezza antincendio;
  • inquinamento;
  • durabilità e manutenibilità;
  • coerenza dei tempi e dei costi;
  • sicurezza ed organizzazione del cantiere.

La verifica della documentazione da parte del soggetto preposto al controllo è effettuata sui documenti progettuali previsti per ciascun livello della progettazione (progetto di fattibilità tecnica ed economica, definitivo, esecutivo), così come era riportato nel Regolamento DPR 207/2010 stesso.

All’art. 50 (Verifica della documentazione) del DPR 207/2010 erano pure esplicitate – con riferimento agli aspetti del controllo sopra citati – le modalità di esecuzione delle verifiche come segue:

a) per le relazioni generali, è necessario verificare che i contenuti siano coerenti con la loro descrizione capitolare e grafica, nonché con i requisiti definiti nello studio di fattibilità ovvero nel documento preliminare alla progettazione e con i contenuti delle documentazioni di autorizzazione ed approvazione facenti riferimento alla fase progettuale precedente;

b) per le relazioni di calcolo è necessario:

  • verificare che le ipotesi ed i criteri assunti alla base dei calcoli siano coerenti con la destinazione dell’opera e con la corretta applicazione delle disposizioni normative e regolamentari pertinenti al caso in esame;
  • verificare che il dimensionamento dell’opera, con riferimento ai diversi componenti, sia stato svolto completamente, in relazione al livello di progettazione da verificare, e che i metodi di calcolo utilizzati siano esplicitati in maniera tale da risultare leggibili, chiari ed interpretabili;
  • verificare la congruenza di tali risultati con il contenuto delle elaborazioni grafiche e delle prescrizioni prestazionali e capitolari;
  • verificare la correttezza del dimensionamento per gli elementi ritenuti più critici, che devono essere desumibili anche dalla descrizione illustrativa della relazione di calcolo stessa;
  • verificare che le scelte progettuali costituiscano una soluzione idonea in relazione alla durabilità dell’opera nelle condizioni d’uso e manutenzione previste;

c) per le relazioni specialistiche si deve verificare che i contenuti presenti siano coerenti con:

  • le specifiche esplicitate dal committente;
  • le norme cogenti;
  • le norme tecniche applicabili, anche in relazione alla completezza della documentazione progettuale;
  • le regole di progettazione;

d) per gli elaborati grafici, è necessario verificare che ogni elemento, identificabile sui grafici, sia descritto in termini geometrici e che, ove non dichiarate le sue caratteristiche, esso sia identificato univocamente attraverso un codice ovvero attraverso altro sistema di identificazione che possa porlo in riferimento alla descrizione di altri elaborati, ivi compresi documenti prestazionali e capitolari;

e) per i capitolati, i documenti prestazionali e lo schema di contratto, si deve verificare che ogni elemento, identificabile sugli elaborati grafici, sia adeguatamente qualificato all’interno della documentazione prestazionale e capitolare; verificare inoltre il coordinamento tra le prescrizioni del progetto e le clausole dello schema di contratto, del capitolato speciale d’appalto e del piano di manutenzione dell’opera e delle sue parti;

f) per la documentazione di stima economica, si deve verificare che:

  • i costi parametrici assunti alla base del calcolo sommario della spesa siano coerenti con la qualità dell’opera prevista e la complessità delle necessarie lavorazioni;
  • i prezzi unitari assunti come riferimento siano dedotti dai prezzari della stazione appaltante aggiornati o dai listini ufficiali vigenti nell’area interessata;
  • siano state sviluppate le analisi per i prezzi di tutte le voci per le quali non sia disponibile un dato nei prezzari;
  • i prezzi unitari assunti a base del computo metrico siano coerenti con le analisi dei prezzi e con i prezzi unitari assunti come riferimento;
  • gli elementi di computo metrico estimativo comprendano tutte le opere previste nella documentazione prestazionale e capitolare e corrispondano agli elaborati grafici e descrittivi;
  • i metodi di misura delle opere siano usuali o standard;
  • le misure delle opere computate siano corrette, operando anche a campione o per categorie prevalenti;
  • i totali calcolati siano corretti;
  • il computo metrico estimativo e lo schema di contratto individuano la categoria prevalente, le categorie scorporabili e subappaltabili a scelta dell’aggiudicatario, le categorie con obbligo di qualificazione e le categorie con divieto di subappalto ai sensi di quanto previsto dal nuovo Codice degli Appalti;
  • le stime economiche relative a piani di gestione e manutenzione siano riferibili ad opere similari di cui si ha evidenza dal mercato o che i calcoli siano fondati su metodologie accettabili dalla scienza in uso e raggiungano l’obiettivo richiesto dal committente;
  • i piani economici e finanziari siano tali da assicurare il perseguimento dell’equilibrio economico e finanziario;

g) per il piano di sicurezza e coordinamento è necessario verificare che sia redatto per tutte le tipologie di lavorazioni da porre in essere durante la realizzazione dell’opera ed in conformità dei relativi magisteri; inoltre che siano stati esaminati tutti gli aspetti che possono avere un impatto diretto e indiretto sui costi e sull’effettiva cantierabilità dell’opera;

h) per il quadro economico è necessario verificare che sia stato redatto conformemente a quanto previsto dall’articolo 16 (ancora in vigore!) del DPR 207/2010;

i) accertare l’acquisizione di tutte le approvazioni ed autorizzazioni di legge previste per il livello di progettazione.

Suddetti aspetti sono spesso riportati nei Disciplinari per il Servizio di Verifica delle Stazioni Appaltanti e, dunque, anche se non costituiscono più – almeno per il momento – un requisito di legge, tornano ad essere prescrittivi perché imposti dal Committente.

foto-30-08-2014-15-34-47-4608x3456In assenza di Disciplinari o Capitolati per la Verifica del Progetto restano comunque best practice e potrebbero essere affiancate dai contenuti della UNI 10721 che, mentre prima essendo normativa volontaria veniva in secondo piano rispetto ai requisiti di legge, oggi costituisce un valido criterio per determinare le modalità ed i criteri della verifica.

Altre parti del CAPO II abrogato del vecchio Regolamento non sono al momento state sostituite da prescrizioni equivalenti. In ogni caso le normative applicabili al controllo tecnico (ISO 17020, UNI 10721, UNI 10722,…) ed i regolamenti ACCREDIA definiscono le “regole del gioco” ed in particolare prevedono l’emissione di un Rapporto di Ispezione con caratteristiche e contenuti ben precisi.

Le responsabilità del soggetto preposto alla verifica

Il soggetto incaricato della verifica ha la responsabilità degli accertamenti previsti dal Codice, dalle Linee Guida ANAC e da eventuali successivi decreti attuativi del Codice, ivi compresi quelli relativi all’avvenuta acquisizione dei necessari pareri, autorizzazioni ed approvazioni, ferma restando l’autonoma responsabilità del progettista circa le scelte progettuali e i procedimenti di calcolo adottati.

La specifica delle responsabilità del soggetto preposto alla verifica e le relative sanzioni, presenti al CAPO I del DPR 207/2010 non sono specificatamente presente nel nuovo Codice, ma l’opera, come detto, non è conclusa.

I costi della verifica

Circa i compensi per l’attività di verifica oggi la determinazione dei compensi per i servizi di ingegneria ed architettura è stabilita dal Decreto ministeriale 17 giugno 2016 “Approvazione delle tabelle dei corrispettivi commisurati al livello qualitativo delle prestazioni di progettazione adottato ai sensi dell’art. 24, comma 8, del decreto legislativo n. 50 del 2016”, dove nell’allegato sono stabiliti i criteri per la determinazione della tariffa professionale per il supporto al RUP per i servizi di verifica ai fini della validazione del progetto.

Questi compensi dovrebbero poi essere posti a base di gara e l’aggiudicazione dovrebbe avvenire secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ovvero il prezzo dovrebbe avere solo un certo peso nella determinazione dell’offerta migliore. In realtà gli aspetti relativi alla capacità tecnica e professionale del soggetto offerente (Organismo di Ispezione oppure società o studio di ingegneria), documentati attraverso un’offerta tecnica (Relazione organizzativo-metodologica) e la descrizione di alcuni servizi svolti nell’ambito della verifica di progetti di opere dell’appalto potrebbero essere non sufficientemente premianti a fronte di ribassi di prezzo molto elevati.

È opportuno chiedersi che controllo si ha sul servizio di verifica se le offerte al ribasso sul prezzo superano soglie inimmaginabili (nella realtà si sono registrati ribassi persino oltre il 70/80% su bandi di gara al massimo ribasso secondo il vecchio Codice)?

Se il bando di gara non prevede il controllo sulle offerte troppo basse e le eventuali giustificazioni richieste ai partecipanti sono verificate in modo troppo comprensivo, si rischia di svilire eccessivamente l’attività di controllo che, quindi, non potrà essere efficace e garantire, non solo il committente, ma la collettività che utilizzerà le opere realizzate dopo averle finanziate. In questo caso il presunto risparmio della Pubblica Amministrazione porta ad un aumento del rischio di sostenere maggiori costi in fase esecutiva, a causa della cattiva qualità della progettazione o, peggio, di realizzare opere pubbliche non efficienti e dannose per la collettività (si pensi a strade pericolose, scuole scarsamente fruibili, edifici pubblici non mantenibili con efficienza, edifici che sprecano risorse energetiche, ecc.).

Modalità di svolgimento della verifica

Passiamo ad esaminare il processo di verifica del progetto da un punto di vista tecnico-gestionale.

L’attività di verifica del progetto inizia al momento di consegna degli elaborati oggetto del controllo all’Organismo di Ispezione (o Società/Studio di Ingegneria ove applicabile) incaricato della verifica.

La prima fase del servizio consiste normalmente nel controllo dei documenti consegnati con il duplice scopo di:

  1. Verificare la congruenza degli elaborati consegnati con l’elenco degli stessi preparato dai progettisti relativamente a revisioni, date di emissione, argomenti, ecc..
  2. Verificare la completezza formale della documentazione rispetto ai requisiti cogenti stabiliti per il livello progettuale di riferimento (progetto di fattibilità tecnica-economica, definitivo ed esecutivo).

Mentre la prima fase potrebbe far emergere che gli studi o società di ingegneria non producono un elenco degli elaborati validi congruente con gli elaborati costituenti il progetto stesso, la seconda rivela talvolta che i medesimi organismi di progettazione non hanno nemmeno prodotto un progetto “formalmente” conforme ai requisiti in termini di documenti minimi ed indispensabili. Tali requisiti minimi sono banalmente contenuti nel vecchio Regolamento DPR 207, i cui contenuti seguenti restano attualmente in vigore:

  • per il progetto preliminare (progetto di fattibilità tecnica-economica) i documenti di progetto sono descritti nella Sezione I – Art. 17 e segg. del DPR 207/2010;
  • per il progetto definitivo i documenti progettuali descritti alla Sezione III – Art. 24 e segg. del DPR 207/2010;
  • per il progetto esecutivo i documenti progettuali descritti alla Sezione IV – Art. 33 e segg. del DPR 207/2010.

Questa verifica di completezza formale non dovrebbe essere trascurata dai soggetti coinvolti (R.P., progettisti ed organismo di verifica) in quanto potrebbe inficiare la successiva validazione del progetto.

Questa fase, cosiddetta di “ricezione” o “controllo documenti”, comprende un’identificazione fisica degli elaborati forniti su supporto cartaceo (etichettatura, timbro o altra forma di identificazione fisica come previsto dalla norma ISO 17020), un loro inserimento in apposito elenco informatizzato (database) e la generazione di un primo output dell’attività di controllo. In caso di problemi riscontrati sarebbe necessaria una risposta celere da parte dei progettisti per sanare le prime non conformità documentali. Teoricamente, se la situazione riscontrata fosse gravemente carente (assenza di numerosi elaborati essenziali), l’attività di verifica non potrebbe proseguire in modo proficuo fintantoché i progettisti non colmano le lacune evidenziate. La tradizionale urgenza delle Stazioni Appaltanti potrebbe aver imposto tempi di verifica ridotti, ma ogni impegno contrattuale di termini temporali per l’attività di verifica dell’Organismo (OdI o altri soggetti abilitati) nei confronti del Committente decade nel momento in cui il progetto non è formalmente completo.

Si iniziano a presentare in questa prima fase i primi problemi dovuti a contratti ed interessi contrastanti fra le parti, in gran parte dovuti ad una mancata osservanza dei requisiti di legge. Infatti la frequente assenza del documento preliminare alla progettazione (cfr. art. 15 comma 5 del DPR 207/2010, che resta ancora in vigore: «Il responsabile del procedimento redige un documento preliminare all’avvio della progettazione… » con le caratteristiche indicate ai commi 6 e 7) inficia in partenza il procedere del processo di progettazione e verifica secondo i principi della legge. È evidente che è responsabilità del committente della progettazione e del servizio di verifica (ovvero del responsabile del procedimento) garantire che siano presenti tutti gli input necessari al processo di progettazione e della sua verifica.

Se, come accade sempre più frequentemente, gli elaborati sono trasmessi al soggetto incaricato della verifica solo su supporto digitale, le cose anziché semplificarsi, si complicano. Infatti il formato digitale spesso non è gestito con adeguati crismi riguardo la sua integrità, la gestione delle revisioni e, soprattutto, l’autenticità. Proprio su quest’ultimo aspetto il Regolamento DPR 207, nella parte ancora in vigore, prevede che «Tutti gli elaborati devono essere sottoscritti dal progettista o dai progettisti responsabili degli stessi nonché dal progettista responsabile dell’integrazione fra le varie prestazioni specialistiche.» (art. 15, comma 12) e tale requisito, in assenza di elaborato su supporto cartaceo debitamente firmato e timbrato, può essere garantito solo dalla firma digitale apposta secondo quanto previsto dalla nostra legislazione. Purtroppo l’impiego della firma digitale è molto raro nell’ambito della progettazione di opere di ingegneria civile o infrastrutturale.

In conclusione, l’attività dell’Organismo di verifica deve prevedere sia la gestione degli elaborati cartacei, sia la gestione dei file elettronici, con relativo dimensionamento degli archivi, nel primo caso, dello storage informatico, nel secondo, con un occhio alla sicurezza delle informazioni in entrambi i casi.

In questa prima fase l’Organismo di Ispezione individua anche il Gruppo di Ispezione (se non già stabilito in fase di offerta per il servizio, come prescrive la norma ISO 17020:2012), ovvero il team di ispettori che, per competenza, andranno a verificare i singoli elaborati. Per requisiti regolamentari (ACCREDIA) il gruppo di lavoro deve essere comunicato al committente prima dell’inizio della verifica; quest’ultimo ha facoltà di ripudiarlo, anche parzialmente, entro un termine stabilito (generalmente pochi giorni) per fondati motivi. Tale gruppo di ispezione dovrà essere guidato da un coordinatore o responsabile della verifica che sottoscriverà i rapporti di ispezione, fermo restando che, comunque, il rapporto conclusivo deve comunque essere sottoscritto anche dal responsabile tecnico (direttore tecnico) dell’organismo di verifica (ingegnere o architetto con esperienza professionale di almeno 10 anni, oltre ad altre competenze specifiche).

La seconda fase del servizio comprende l’assegnazione dei singoli elaborati agli ispettori e la pianificazione della qualità del servizio, ovvero il riesame e la trasformazione dei requisiti contrattuali in specifiche per la conduzione della verifica. La distribuzione degli elaborati dovrebbe essere supportata da un valido sistema informativo (software gestionale, archivi informatici o modulistica cartacea) per tenere sempre sotto controllo chi dovrà verificare che cosa.

Oltre agli ispettori competenti nelle rispettive discipline l’Organismo di Ispezione (o altro organismo abilitato alla verifica) deve assegnare alla commessa anche uno o più coordinatori che coordinino, appunto, il lavoro svolto dai vari ispettori.

Solo a questo punto inizia l’attività di verifica vera e propria, spesso supportata da check-list o istruzioni operative per cercare di ottenere una certa uniformità di giudizio (teoricamente lo stesso elaborato, verificato da due ispettori di pari competenze, dovrebbe produrre lo stesso esito della verifica).

Durante la verifica ogni ispettore necessita di un valido ed efficace strumento di registrazione dei rilievi in conformità ai requisiti normativi: qui le diverse metodologie adottate dai vari Organismi di Ispezione possono fare la differenza in termini di efficacia (ottenere una rendicontazione puntuale e priva di errori formali) ed efficiente (minimizzare l’impiego delle risorse, soprattutto quelle per il coordinamento dell’attività), tanto più quanto più sono numerosi gli elaborati da verificare (alcuni progetti di infrastrutture ne possono comprendere migliaia di elaborati).

I sistemi adottati per la gestione della registrazione degli esiti della verifica possono variare da moduli in formato Word, Excel o simili che riportano tutte le osservazioni rilevate dall’ispettore, suddivise per elaborato, disciplina o ispettore, a vere applicazioni Web che permettono agli ispettori (la maggior parte dei quali consulenti) di registrare l’esito dell’attività di verifica – dovunque essi si trovino purché sia disponibile un collegamento a internet – in moduli appositamente predisposti nel sistema informativo dell’Organismo. Naturalmente quest’ultimo approccio implica numerosi vantaggi:

  • consentire al personale incaricato del coordinamento di visualizzare i risultati della verifica man mano che vengono pubblicati dagli ispettori direttamente dal sistema informatico, evitando così di dover gestire centinaia ed a volte migliaia di file inviati per e-mail e contenenti i rilievi formulati dagli ispettori;
  • permettere un immediato controllo dell’attività “in progress” anche dal punto di vista dei contenuti, soprattutto relativamente alle verifiche di congruenza incrociate fra ispettori di diverse discipline che, inevitabilmente, devono comunque esaminare elaborati comuni (relazioni generali, computi, …);
  • consentire ai progettisti di fornire una risposta ai rilievi formulati dagli ispettori direttamente nel sistema informatico, garantendo maggior sicurezza rispetto ad ogni altro sistema;
  • fornire la possibilità al committente (R.P.) di esaminare l’andamento dell’attività quasi in tempo reale, sempre attraverso il collegamento internet con accesso riservato al sistema informativo dell’organismo di verifica.

Questa fase del controllo termina con l’emissione di un primo rapporto di ispezione intermedio che riferisce al committente dell’esito della verifica sugli elaborati consegnati. Tale rapporto – redatto seguendo precise prescrizioni normative e regolamentari (ACCREDIA) – comprende un elenco di rilievi, talvolta classificati per livello di criticità. Tali rilievi dovranno essere presi in carico dai progettisti che dovranno adeguare il progetto secondo le prescrizioni indicate.

Si entra così, con la consegna del rapporto di ispezione al committente ed ai progettisti nella terza fase del processo di verifica del progetto ai fini della validazione. Possono essere emessi più rapporti, cosiddetti intermedi, che documentano gli esiti, anche parziali, dell’attività di verifica su tutti o parte degli elaborati consegnati.

Come già premesso, i progettisti dovrebbero rispondere puntualmente, rilievo per rilievo, alle osservazioni/non conformità formulate dall’Organismo di Ispezione e, quindi, non c’è niente di meglio che un sistema informatico web-based, accessibile via internet in modo sicuro mediante apposite credenziali di autenticazione, per registrare le risposte dei progettisti. I sistemi che prevedono l’impiego di documenti di Office ovviamente non forniscono le medesime garanzie in termini di efficacia, efficienza e sicurezza dei dati (è difficile garantire che il progettista non abbia alterato il testo dell’osservazione o assicurare che il testo di alcun rilievo sia stato inavvertitamente cancellato o comunque alterato).

Questa fase di interazione con il progettista presenta numerose analogie con la fase in cui le organizzazioni con sistema di gestione certificato (o certificando) devono rispondere ad eventuali non conformità od osservazioni formulate dal proprio Organismo di Certificazione, il quale deve accettarle prima di procedere con l’iter di certificazione. Anche in queste situazioni i vari organismi hanno adottato metodologie diverse, dallo scambio di file di Office a sistemi web, ma la differenza fondamentale, rispetto alle verifiche sui progetti, sta nel fatto che i rilievi sono molto meno numerosi (alcuni progetti complessi possono far emergere centinaia di rilievi contro i pochi rilievi registrati dagli organismi di certificazione per ogni audit) e la controparte (organizzazione certificata rispetto all’organismo di progettazione) è normalmente più diligente nell’attuazione delle azioni correttive o delle correzioni delle non conformità.

Infatti, questa terza fase non fruisce in modo snello, perché spesso i progettisti non accettano – per motivazioni diverse – le osservazioni formulate dall’OdI e sono restii a modificare il progetto. Viceversa il responsabile del procedimento non esercita sempre il potere che avrebbe per pretendere la risoluzione completa di tutte le anomalie rilevate.

La quarta fase consiste nella riverifica da parte degli ispettori dell’Organismo degli elaborati revisionati e delle controdeduzioni dei progettisti. Al termine di questa fase per ogni rilievo l’Organismo incaricato della verifica deve determinare un esito finale del progetto, giudicando le risoluzioni proposte dai progettisti. Al proposito si ribadisce il fatto che la legge prevede che proprio che la verifica avvenga in contraddittorio con i progettisti.

Al termine di questa fase viene prodotto il rapporto di ispezione conclusivo che riepiloga tutte le risultanze della verifica (oppure le richiama da precedenti documenti, come previsto dalla ISO 17020) e formula un giudizio professionale conclusivo sulla conformità del progetto.  Sulla base dell’esito del rapporto di ispezione finale il responsabile del procedimento provvederà alla validazione formale del progetto.

Conclusioni

Oggi la prevista apertura del mercato ai professionisti della progettazione (studi o società di ingegneria) ipotizzata con il Regolamento DPR 207 sembra non essersi concretizzata, da un lato per i numerosi vincoli imposti al servizio di verifica di progetti pubblici, dall’altro per la situazione di crisi del comparto edilizio solo in parte dovuta al minor numero di opere pubbliche di cui è stata pianificata la realizzazione, oltre alla contrazione dei compensi posti a base di gara.  Non da ultimo l’ingresso nel mercato dei servizi di verifica della progettazione necessita di discreti investimenti di risorse che, probabilmente, pochi soggetti sono in grado o ritengono opportuno sostenere. Resta comunque una opportunità in più per gli studi o società di ingegneria che hanno visto ridursi notevolmente le commesse di progettazione e direzione lavori nel comparto privato.

Le Stazioni Appaltanti, invece, avranno la possibilità di dotarsi un sistema di gestione qualità ISO 9001 ed eventualmente accreditarsi come Organismo di Ispezione ISO 17020 per svolgere internamente le attività di verifica previste dalla legge.




La verifica dei progetti ai fini della validazione: nuove opportunità per i professionisti? – parte I

Direttori cantiereLa regolamentazione della verifica dei progetti relativi ad appalti pubblici ai fini della validazione non è stata modificata sotanzialmente dall’uscita del nuovo Codice Appalti. In questo e in un successivo articolo esaminiamo i diversi aspetti che caratterizzano il servizio di verifica del progetto per Organismi di Ispezione e Società o Studi di Ingegneria.

Introduzione

Il regolamento di attuazione ed esecuzione del D.Lgs 163/2006 (“Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle Direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE.”)  – ovvero il DPR 207/2010 – Regolamento di esecuzione e attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 aveva presentato alcune interessanti novità per i progetti di opere pubbliche. Il Regolamento di attuazione del Codice degli Appalti Pubblici (DPR 207/2010) aveva infatti riservato alla “verifica della progettazione” un’ampia trattazione, dagli artt. 44 a 59.

Le novità introdotte dal DPR 207/2010 riguardavano sia aspetti tecnici, sia aspetti di “mercato”, infatti i nuovi criteri di affidamento degli incarichi di verifica della progettazione ai fini della sua validazione hanno generato nuovi scenari di mercato, da un lato estendendo i potenziali organismi fornitori del servizio di verifica, dall’altro hanno portato ad una riduzione media dei compensi per le attività di verifica.

Il nuovo Codice degli Appalti D.Lgs n. 50 del 18 aprile 2016 ha introdotto ulteriori novità in questo ambito, al momento soprattutto per quanto riguarda la partecipazione alle gare pubbliche. Il Codice ha anche abolito alcuni articoli del DPR 207/2010 ed altri verranno modificati dagli Atti attuativi (Decreti, Linee Guida ANAC, ecc.) del D.Lgs 50/2016 che verranno emessi nel corso del 2016 ed oltre. In particolare le Linee Guida ANAC per i Servizi di Ingegneria ed Architettura hanno confermato molti degli elementi presenti nell’ordinamento precedente (D.lgs 163/2006 e DPR 207/2010), apportato qualche piccola novità, ma soprattutto lasciato aperti molti aspetti – e generato alcuni dubbi – relativamente al contenuto dei progetti da sottoporre a verifica ed ai criteri di verifica stessi.

Affrontiamo nel presente articolo l’aspetto della validazione del progetto come viene definita dal corpo normativo ora in vigore che prevede, oltre alla disciplina dello Stato Italiano definita dal nuovo Codice Appalti D.Lgs 50/2016, DPR 207/2010 per quanto applicabile, anche l’introduzione della edizione 2012 della norma per l’accreditamento degli organismi di ispezione, la UNI CEI EN ISO/IEC 17020:2012 “Valutazione della conformità – Requisiti per il funzionamento di vari tipi di organismi che eseguono ispezioni”, oltre che della nuova edizione della norma UNI 10721:2012 – Edilizia – Servizi di controllo tecnico applicati all’edilizia e alle opere di ingegneria civile.

Il mercato della verifica del progetto

Il ruolo del D.P.R. 207/2010 con il nuovo Codice

La prima importante novità introdotta dal DPR 207 è stata che la verifica del progetto, quale “controllo tecnico concomitante”, non risultava più limitata al solo progetto preliminare, ma si estendeva a tutti i livelli di progettazione, ovvero preliminare, definitivo ed esecutivo.

Conseguentemente la validazione perdeva il suo connotato di controllo limitato al progetto esecutivo (o al definitivo, in caso di appalto integrato), per qualificarsi quale mero «atto formale che riporta gli esiti delle verifiche», successivo all’attività di verifica esercitata anche sul progetto esecutivo.

I contenuti dei documenti progettuali appartenenti ai livelli definiti dal DPR 207/2010 sono sanciti negli articoli sotto riportati:

  • Il progetto preliminare è costituito dai documenti di progetto descritti nella Sezione I – Art. 17 e segg. del DPR 207/2010;
  • Il progetto definitivo costituito dai documenti progettuali descritti alla Sezione III – Art. 24 e segg. del DPR 207/2010;
  • Il progetto esecutivo costituito dai documenti progettuali descritti alla Sezione IV – Art. 33 e segg. del DPR 207/2010.

Suddetti articoli rimangono tuttora validi anche con l’introduzione del D.Lgs 50/2016 con le seguenti precisazioni:

  • I contenuti di ogni livello progettuale dovevano essere integrati – per determinate opere ed infrastrutture critiche – dai contenuti di alcuni articoli presenti nelle Sezioni I, II o III dell’Allegato XXI del D.Lgs 163/2006, che evidentemente è stato completamente abrogato.
  • Il livello di progettazione preliminare è stato “ridenominato” in progetto di fattibilità tecnica ed economica;
  • suddetti contenuti sono integrati da quelli riportati ai comma 5, 6, 7 e 8 del D. Lgs 50/2016.

Altra importante innovazione del vecchio Regolamento DPR 207 era la previsione di una disciplina ad hoc per lo svolgimento dell’appalto del servizio di verifica, non più totalmente assimilato al comune appalto di servizi.

professionisti-258x258Il DPR 207/2010 aveva, infatti, ridefinito i criteri di affidamento degli incarichi per la verifica dei progetti pubblici (introducendo regole precise per l’individuazione dei soggetti cui demandare l’attività di verifica del progetto) negli articoli da 46 a 51, ora abrogati dal nuovo Codice e ridefiniti dal D. Lgs 50/2016 stesso, per gli aspetti generali, e dalle sopracitate Linee Guida ANAC per gli aspetti particolari, nell’ambito del servizio di verifica dei progetti. Anzitutto fu stabilito, e confermato dal nuovo Codice e dalla Linee Guida, il principio fondamentale che l’incarico di verifica è incompatibile con le attività di progettazione, di coordinamento della stessa, di direzione lavori, di coordinamento della sicurezza e del collaudo, rese per il medesimo progetto. Tale principio deve essere rispettato indistintamente da tutti gli eventuali soggetti verificatori, siano essi appartenenti alla Stazione Appaltante, siano essi affidatari esterni alla stessa.

Le nuove regole introdotte dal DPR 207/2010 per l’appalto all’esterno del servizio di verifica sono confermate dal nuovo corpo normativo; pertanto tale servizio non è totalmente assimilabile ad un comune appalto di servizi e viene disciplinato l’istituto dell’accreditamento dei soggetti verificatori, attraverso l’indicazione degli Enti in grado di rilasciare tale accreditamento ISO 17020:2012 (ACCREDIA per l’Italia).

Affidamento dell’incarico di verifica del progetto

La verifica del progetto oggi può essere svolta secondo quanto disciplinato dall’art. 26 del nuovo Codice. del DPR 207/2010. In particolare, al comma 6, la Legge identifica le strutture a cui la Stazione Appaltante può affidare l’incarico di verifica del progetto; tali requisiti sono integrati dalla Linee Guida ANAC sui Servizi di Ingegneria ed Architettura alla Sezione VII, paragrafo 1. Le diverse situazioni sono riepilogate nella Tabella 1.

 

Importo dei lavori Struttura Tecnica  interna alla Stazione Appaltante Soggetti esterni
> 20.000.000 euro Organismo di ispezione di tipo B, accreditato UNI CEI EN ISO/IEC 17020 ai sensi del Regolamento (CE) 765 del 2008. Organismi di ispezione di tipo A e di tipo C, accreditati UNI CEI EN ISO/IEC 17020 ai sensi del Regolamento (CE) 765 del 2008.
≤ 20.000.000

> 5.225.000 euro

Organismo di ispezione di tipo B, accreditato UNI CEI EN ISO/IEC 17020 ai sensi del Regolamento (CE) 765 del 2008.

 

a)   Organismi di ispezione di tipo A e di tipo C, accreditati UNI CEI EN ISO/IEC 17020 che non presentino cause di incompatibilità per conflitti di interesse.;

b)   Soggetti di cui all’art. 46, comma 1 del Codice[1] (liberi professionisti anche in forma associata, società di professionisti, società di ingegneria, raggruppamenti temporanei d’impresa e consorzi stabili degli stessi, ecc.) che devono disporre di un sistema interno di controllo di qualità, certificato UNI EN ISO 9001 (per attività di verifica di progetti).

≤ 5.225.000

> 1.000.000 euro

a)   Organismo di ispezione di tipo B, accreditato UNI CEI EN ISO/IEC 17020 ai sensi del Regolamento (CE) 765 del 2008.

b)   Uffici Tecnici Stazione Appaltante se il progetto è stato redatto da progettisti esterni;

c)    Uffici Tecnici Stazione Appaltante, dotati di un sistema interno di controllo della qualità, conforme alla UNI EN ISO 9001 certificato, ove il progetto sia stato redatto da progettisti interni.

 

a)   Organismi di ispezione di tipo A e di tipo C, accreditati UNI CEI EN ISO/IEC 17020 che non presentino cause di incompatibilità per conflitti di interesse.;

b)   Soggetti di cui all’art. 46, comma 1 del Codice (liberi professionisti anche in forma associata, società di professionisti, società di ingegneria, raggruppamenti temporanei d’impresa e consorzi stabili degli stessi, ecc.) che devono disporre di un sistema interno di controllo di qualità, certificato UNI EN ISO 9001 (per attività di verifica di progetti).

< 1.000.000 euro a)   RUP anche avvalendosi della struttura di cui all’art. 31, comma 9 se non ha svolto funzioni di progettista;

b)   In caso di incompatibilità del RUP: Organismo di ispezione di tipo B, accreditato UNI CEI EN ISO/IEC 17020;

c)    Uffici Tecnici Stazione Appaltante, dotati di un sistema interno di controllo della qualità

Tabella 1

Quando richiesta la certificazione ISO 9001, essa deve essere stata rilasciata da Organismi accreditati ai sensi del Regolamento CE n. 765/2008.

Studi e società di ingegneria non solo devono essere certificati ISO 9001 per attività di progettazione, ma devono includere nel campo di applicazione della stessa l’attività di verifica del progetto, svolta secondo le regole stabilite dalla legge e dai regolamenti ACCREDIA, al fine di garantire l’indipendenza e l’imparzialità della struttura dedicata all’ispezione dei progetti. Sebbene ciò non sia esplicito nel nuovo quadro normativo come in passato, è evidente che per partecipare ad un appalto per servizi di verifica di progetti una organizzazione se deve essere certificata ISO 9001, lo deve essere per le attività oggetto dell’appalto. In particolare il regolamento ACCREDIA di riferimento è RT.21 “Prescrizioni per l’accreditamento degli organismi operanti la certificazione del sistema di gestione per la qualità (SGQ) delle organizzazioni che effettuano attività di verifica della progettazione delle opere, ai fini della validazione, in ambito cogente”, integrato da apposita nota di chiarimento del 2009 e liberamente scaricabile dal sito dell’Ente (www.accredia.it). Esso precisa che lo scopo delle certificazioni valide a questi fini deve riportare la dicitura “Verifiche sulla progettazione delle opere ai fini della validazione, condotte ai sensi delle legislazioni applicabili”, oltre ad una serie di requisiti aggiuntivi rispetto alla semplice certificazione ISO 9001 che ricalcano i requisiti della norma ISO 17020 per gli Organismi di Ispezione. Quindi trattasi di una certificazione di sistema qualità più impegnativa dal punto di vista dei requisiti tecnici e gestionali da soddisfare, ma soprattutto dal punto di vista organizzativo, in quanto occorre dimostrare una netta separazione fra le attività di progettazione e quelle di verifica dei progetti, anche per quanto riguarda i professionisti ad esse dedicati.

Si segnala, infine, che l’RT.21 richiede un Piano dei Controlli del servizio di verifica, che costituisce il risultato della progettazione del servizio stesso che, dunque, viene sancita come requisito applicabile.

Le Linee Guida ANAC ribadiscono che la verifica dei progetti continua ad avere un’importanza centrale in quanto “Non possono essere oggetto di riserva gli aspetti progettuali che sono stati oggetto di verifica ai sensi dell’articolo 26” (ai sensi dell’art. 205, comma 2, terzo capoverso).

Le medesime Linee Guida confermano che «La validazione del progetto posto a base di gara è l’atto formale che riporta gli esiti delle verifiche (art. 26, comma 8 del nuovo Codice). La validazione è sottoscritta dal RUP e si basa sul rapporto conclusivo che il soggetto preposto alla verifica deve redigere e sulle eventuali controdeduzioni del progettista. In sede di validazione il responsabile del procedimento può dissentire dalle conclusioni del verificatore, in tal caso l’atto formale di validazione o mancata validazione del progetto deve contenere specifiche motivazioni. La validazione del progetto posto a base di gara è un elemento essenziale del bando o della lettera di invito per l’affidamento dei lavori.»

L’affidamento all’esterno del servizio di verifica deve avvenire attraverso un unico bando per tutti e tre i livelli progettuali e segue le stesse regole previste per gli appalti di servizi di ingegneria ed architettura.

Nella fattispecie la stazione appaltante deve mettere a disposizione del partecipante alla gara per il servizio i documenti inerenti il livello progettuale precedente.

Il nuovo quadro normativo precisa nuovamente che si distingue fra tre tipi di Organismi di Ispezione: A, B e C. Gli organismi di tipo B risultano essere unità tecniche interne alla Stazione Appaltante, mentre i tipi A (i soli effettivamente “terzi indipendenti”) e C, estranei all’apparato amministrativo, eseguono l’attività di controllo soltanto a seguito di affidamento con gara.

Viceversa gli Organismi di Certificazione del sistema di controllo interno di qualità sono soggetti che non provvedono direttamente all’azione di controllo della progettazione. Il loro accreditamento, infatti, permette soltanto di certificare, con ragionevole attendibilità, che il sistema interno di controllo di qualità delle strutture (o soggetti) preposti alla verifica sia conforme ai requisiti stabiliti dalla norma UNI EN ISO 9001 (“Sistemi di gestione per la qualità – Requisiti”), oggi in fase di transizione fra l’edizione 2008 e la nuova edizione del 2015.

Da questa analisi emerse, già in occasione della pubblicazione del DPR 207/2010, un’apparente apertura del mercato della verifica del progetto, ma i vincoli posti sul “sistema di controllo qualità” rendono non facilmente praticabile la strada per studi e società di ingegneria che volessero proporsi come potenziali affidatari del processo di verifica. Per essi si prospettano due strade:

  1. Ottenere la certificazione del sistema qualità ISO 9001 per il servizio di verifica del progetto;
  2. Accreditarsi ISO 17020 come Organismo di Ispezione di tipo C.

La seconda soluzione è sicuramente più onerosa in termini di costi e di impegno delle risorse (l’applicazione della ISO 17020 è certamente più impegnativa della sola ISO 9001). Si ricorda che gli OdI di tipo C devono garantire l’assoluta separazione, sul piano tecnico, procedurale, amministrativo e finanziario, tra le attività ispettive e le altre attività potenzialmente in conflitto di interessi con la verifica. Detta separazione si sostanzia nella creazione, all’interno del medesimo Organismo, di una struttura tecnica autonoma demandata esclusivamente alla verifica dei progetti.

In aggiunta a ciò ci sarebbe l’aspetto positivo di una maggiore percentuale di verifiche appaltate all’esterno della Pubblica Amministrazione, non solo per i vincoli imposti dal possesso di un sistema di controllo qualità interno all’Amministrazione, ma soprattutto per le competenze necessarie – e le relative responsabilità assunte dal dirigente pubblico – per verificare un progetto secondo le regole tecniche imposte dalla normativa.

Requisiti di partecipazione alle gare

Per partecipare alle gare per l’affidamento dei servizi di verifica sono richiesti requisiti inerenti al fatturato globale del fornitore del servizio di verifica ed alle referenze su servizi di verifica analoghi. Ciò naturalmente oltre ad altri requisiti di ordine generale richiesti per ogni tipo di appalto pubblico, come previsto dal D. Lgs 50/2016.

L’elemento economico-finanziario minimo cui deve attenersi la Stazione Appaltante nella determinazione del relativo requisito è quello del fatturato globale per servizi di verifica realizzato negli ultimi cinque anni che deve essere non inferiore al doppio dell’importo stimato per l’appalto di verifica da affidarsi. Può anche essere valutata, in alternativa al fatturato, la richiesta di un “livello adeguato di copertura assicurativa” contro i rischi professionali per un importo percentuale fissato in relazione al costo dell’opera, così come ammesso per i servizi di progettazione (la decisione spetta alla Stazione Appaltante).

Oltre a ciò, per la determinazione del requisito tecnico-organizzativo la Stazione Appaltante deve partire dall’avvenuto svolgimento, sempre nell’ultimo quinquennio, di almeno due appalti di servizi di verifica (o progettazione e direzione lavori) relativi a lavori il cui valore individuale sia pari alla metà del valore dell’opera da eseguirsi. Inoltre, le opere per le quali si è provveduto alla verifica devono avere natura analoga a quella dell’opera che si intende appaltare, in base alla divisione in classi e categorie prevista dal D.M. 17 giugno 2016. Chiaramente la norma determina il minimo dei requisiti da possedere, ma lascia alla Stazione Appaltante il potere di stabilire requisiti ancora più stringenti.

Si nota che i requisiti minimi individuati, seppur assimilabili a quelli richiesti per la partecipazione alle procedure di affidamento dei servizi di ingegneria e architettura, risultano eccessivamente restrittivi e vincolanti per le stesse Stazioni Appaltanti, con l’evidente conseguenza di una chiusura del mercato della verifica per tutti quei soggetti non dotati di specifica esperienza pregressa, sebbene qualificati dallo svolgimento di attività assimilabili (per es. la progettazione). Infatti, sono in pochi gli operatori che ad oggi hanno maturato un’esperienza specifica nel campo della verifica nei termini sopra esplicati se il servizio di verifica da affidare è significativo. Trascorso il transitorio di tre anni previsto dal regolamento DPR 207/2010, ora i requisiti per i servizi di verifica sono equiparati a quelli per progettazione e direzione lavori e ciò forse agevola le società di ingegneria ed architettura che vogliono entrare in questo mercato, fatti salvi tutti gli altri vincoli.

Anche il nuovo ordinamento, come già sancito dal regolamento del 2010, prescrive il possesso di altri requisiti che tendano ad accertare la “terzietà” dei partecipanti alla gara per l’appalto del servizio di verifica rispetto alle attività di progettazione oggetto della verifica, al fine di evitare l’insorgenza di situazioni di potenziale conflitto di interessi. Occorre ricordare, infatti, che i verificatori (OdI o professionisti della progettazione) esercitano un controllo indiretto anche sul comportamento dei progettisti in quanto verificano il loro lavoro e possono imporre- di fatto – correzioni al progetto; qualora il soggetto verificatore sia legato professionalmente al progettista di cui si è verificato il lavoro inadempiente, sorgerebbe il rischio di una verifica non imparziale.

Si sottolinea che sia gli OdI di tipo A e C, sia i progettisti che si candidano a svolgere il servizio di verifica sono tenuti a dimostrare di non aver partecipato, e si impegnano a non partecipare, direttamente o indirettamente, né alla gara per l’affidamento della progettazione, né alla redazione della stessa.

La possibilità di insorgenza di un conflitto di interessi non viene vietata soltanto con riferimento al progetto in appalto, infatti i partecipanti alla gara per il servizio di verifica devono fornire prova di non aver in corso, e di non aver avuto, rapporti professionali e/o commerciali con i progettisti, se esterni, negli ultimi tre anni; nonché devono altresì fornire l’impegno, da rendersi al momento dell’affidamento (e quindi a commessa aggiudicata), a non intrattenere rapporti con detti soggetti per i successivi tre anni dalla conclusione dell’incarico.

Tali vincoli di indipendenza sono stati recepiti dai regolamenti ACCREDIA per gli Organismi di Ispezione e sono stati ribaltati anche agli ispettori che operano come consulenti esterni per conto degli OdI i quali, evidentemente, per disporre di competenze adeguate a svolgere la verifica, svolgono attività di progettazione, direzione lavori, collaudo, ecc.

Si sottolinea che il vincolo di indipendenza non costituisce fattore di scarsa influenza, poiché, non tanto per gli Organismi di Ispezione di tipo A come tali, quanto per i professionisti che operano come ispettori per gli stessi OdI e per gli studi e società di ingegneria (e professionisti che ne fanno parte); impegnarsi per tre anni a non avere rapporti professionali con una organizzazione importante (Pubblica Amministrazione se il progetto è redatto internamente alla stessa, Società di Progettazione, Impresa in caso di Appalto Integrato), magari nella propria area geografica di attività, non costituisce vincolo da poco.

In conclusione, i requisiti minimi per la partecipazione alle gare per la verifica dei progetti stanno creando un meccanismo tale per cui i partecipanti alle gare – siano essi OdI oppure studi di progettazione – pur di acquisire il requisito di aver svolto il servizio oggetto della gara per utilizzarlo in future gare d’appalto, sono disposti a ridurre oltremisura il compenso offerto in gara. Di contro, i primari Organismi di Ispezione di tipo A, forti della possibilità di svolgere anche i servizi con importo dei lavori più elevato, si uniscono spesso in ATI/RTI (Raggruppamenti temporanei di Impresa) per incrementare ulteriormente i loro requisiti, aumentare la probabilità di aggiudicazione, e restringere così ulteriormente il mercato per i futuri appalti di verifica più remunerativi.

Per coloro che – dopo aver letto quali vincoli di mercato sussistono – ancora sono interessati a svolgere la verifica di progetti ai fini della loro validazione non resta che attendere il prossimo articolo, dove verrà trattato il processo di verifica del progetto da un punto di vista tecnico-organizzativo.

[1] Si tratta in sostanza dei soggetti che, in base all’art. 24, del Codice, può essere affidata la progettazione esterna alle amministrazioni aggiudicatrici in materia di lavori pubblici.




Come applicare la ISO 9001:2015 – V parte

valutazione prestazioniIn questo quintoarticolo vedreno in dettaglio i requisiti del capitolo 9  (Valutazione delle prestazioni) e 10 (Miglioramento) della norma UNI EN ISO 9001:2015 con particolare riguardo alle novità introdotte rispetto alla precedente versione del 2008 ed alle possibili modalità di attuazione dei nuovi requisiti, per il passaggio del sistema di gestione per la qualità ISO 9001:2008 alla ISO 9001:2015.

9 Valutazione delle prestazioni

La sezione 9 della norma si suddivide in tre paragrafi

  • 9.1 Monitoraggio, misurazione, analisi e valutazione
  • 9.2 Audit interno
  • 9. 3 Riesame di direzione

che rappresentano il “cuore” dell’attività di quality management, i cui compiti spesso sono completamente demandati alla funzione Qualità delle organizzazioni di medie e piccole dimensioni, sebbene il riesame del sistema rimanga una responsabilità della Direzione stessa.

Il punto 9.1 a sua volta è suddiviso in:

  • 9.1.1 Generalità: l’organizzazione deve stabilire cosa, quando e come monitorare e misurare per garantire l’efficacia del sistema di gestione ed il soddisfacimento dei requisiti; inoltre deve stabilire come valutare i risultati del monitoraggio e delle misurazioni, conservandone informazioni documentate come evidenze.
  • 9.1.2 Soddisfazione del cliente: occorre monitorare la percezione che ha il cliente del rispetto delle sue esigenze ed aspettative, stabilendo metodi e criteri di valutazione dei risultati.
  • 9.1.2 Analisi e valutazione: occorre analizzare e valutare i dati delle misurazioni e dei monitoraggi effettuati per valutare il raggiungimento degli obiettivi, la conformità dei prodotti, la soddisfazione delle esigenze del cliente, le prestazioni dei fornitori, la corretta attuazione di quanto pianificato, l’efficacia del sistema di gestione e delle azioni intraprese per il miglioramento, nonché per valutare le esigenze di miglioramento.

Anche su questi punti la domanda che ci si deve porre è: «quello che l’organizzazione ha stabilito di implementare è efficace e sufficiente per soddisfare i requisiti della norma?». Anche riguardo all’impiego di metodi statistici la norma offre la possibilità di utilizzarli, non certo l’obbligo.

Sicuramente traspare maggiore enfasi sul monitoraggio e la misurazione dei processi rispetto alle precedenti edizioni della norma ISO 9001, ma sarà sufficiente per imporre alle organizzazioni di adottare sistemi di misurazione e monitoraggio, nonché relativi indicatori, più efficaci e realmente vissuti come essenziali per governare i processi?

Il requisito 9.2 relativo agli audit interni (ex verifiche ispettive) non presenta significative differenze rispetto all’edizione del 2008: gli audit devono essere svolti per verificare la conformità alla norma ISO 9001 ed al sistema di gestione per la qualità, nonché l’efficacia dello stesso. Essi devono essere programmati secondo i medesimi criteri esposti in passato, anche con riferimento alla ISO 19011. Per dimostrare che si sono stabiliti requisiti di pianificazione e reporting la stesura o il mantenimento della procedura sulla conduzione degli audit interni è fortemente consigliata, anche se non più obbligatorio.

Occorre forse ribadire che la frequenza degli audit sui processi primari e più critici forse non è opportuno che sia di una sola volta all’anno, come per i processi secondari o di supporto. L’abitudine di molte organizzazioni di effettuare un solo audit completo poco prima che arrivi l’Ente di Certificazione non è proprio in linea con lo spirito della norma.

Nessuna novità rispetto al requisito di imparzialità ed indipendenza dell’auditor; piuttosto si enfatizza il fatto che correzioni e/o azioni correttive conseguenti ai rilievi dell’audit devono essere intraprese senza indebiti ritardi. Quanto tempo può essere concesso per chiudere i rilievi importanti emersi in fase di audit? L’inerzia di molti responsabili di funzione nel non voler affrontare “i problemi della qualità” dovrebbe essere adeguatamente sanzionata.

Infine il requisito 9.3 sul riesame della direzione (suddiviso nei paragrafi 9.3.1 Generalità, 9.3.2 Input al riesame di direzione e 9.3.3 Output del riesame di direzione) è stato spostato dalle Responsabilità della Direzione della precedente edizione della norma a questo capitolo di Valutazione delle prestazioni del sistema di gestione per la qualità, anche se la responsabilità dei risultati del riesame ricade in capo all’alta direzione. Gli input al riesame sono stati estesi, naturalmente alla valutazione dei cambiamenti dei fattori interni ed esterni che influenzano il sistema di gestione ed all’efficacia delle azioni intraprese per affrontare rischi ed opportunità, ovvero alle principali novità della norma.

L’output del riesame deve trattare le modifiche che si rendono necessarie al sistema, le opportunità di miglioramento e le risorse necessarie.

Naturalmente sono richieste evidenze documentali dello svolgimento del riesame (dati in input, verbali di riunione di riesame del sistema, programmi di miglioramento, ecc.); la procedura non è necessaria (non lo era nemmeno nella precedente versione del 2008), ma chi ce l’ha se la tenga.

10 Miglioramento

Questa sezione si suddivide in tre paragrafi, nel primo 10.1 Generalità si riassume che il miglioramento deve riguardare:

  • Prodotti e servizi erogati, non solo limitatamente al soddisfacimento delle esigenze attuali di conformità degli stessi, ma anche in previsione di esigenze ed aspettative future;
  • Correzione, prevenzione e riduzione di ogni effetto indesiderato (NC, indicatori non soddisfacenti, ritardi di consegna, maggiori costi, ecc.);
  • Il miglioramento delle prestazioni e dell’efficacia dello stesso sistema di gestione per la qualità che, dunque, deve essere dinamico e non statico nei secoli dei secoli.

calcoliIl successivo paragrafo 10.2 tratta le Non conformità ed azioni correttive, tornate di nuovo insieme per focalizzare l’attenzione sugli aspetti di miglioramento del processo di gestione delle NC, le quali, per la fase di gestione del trattamento, sono rimaste insieme ai processi produttivi (si veda § 8.7 “Controllo degli output non conformi”).

Alle organizzazioni è richiesto di reagire prontamente alle non conformità per tenerle sotto controllo e correggerle, anche al fine di evitare effetti negativi gravi, sia interni che esterni (dal cliente). Le fasi successive di analisi delle cause (di NC, problemi in genere, rilievi da audit, reclami, ecc.), determinazione delle azioni correttive, pianificazione ed attuazione delle stesse e, infine, di valutazione della loro efficacia, sono sostanzialmente le stesse rispetto alle edizioni precedenti della norma, ma con maggiore enfasi sul processo stesso di gestione del ciclo di miglioramento che si avvicina al c.d. metodo 8D del settore automotive.

L’ultimo paragrafo della norma ISO 9001:2015 – il 10.3 Miglioramento continuo – si ricollega al punto 10.1 di cui sopra, ai risultati del riesame di direzione ed a tutte le informazioni derivanti dalla valutazione delle prestazioni del sistema di gestione per la qualità per determinare la necessità di migliorare in modo continuativo l’efficacia del sistema di gestione, considerando anche le opportunità di miglioramento emerse dalle altre attività del capitolo 9 della norma stessa.

 

Con questo articolo si conclude l’analisi dei requisiti della nuova norma ISO 9001:2015. Alcune interpretazioni soggettive potranno sicuramente essere smentite dai fatti a fronte di nuove interpretazioni ufficiali (al momento in Italia è disponibile solamente una Linea guida pubblicata da CONFORMA con il patrocinio dell’UNI) e prassi di fatto adottate dagli Organismi di Certificazione, comunque sotto il controllo di ACCREDIA. Vedremo anche se l’Ente di Accreditamento stesso vorrà replicare la pubblicazione delle linee guida (Criteri per un approccio efficace ed omogeneo alle valutazioni di conformità alla norma ISO 9001:2008 “Sistemi di gestione per la qualità – Requisiti”) emesse per le due precedenti edizioni della norma e, quindi, se saranno disponibili maggiori dettagli applicativi per gli auditor che dovranno valutare i SGQ delle organizzazioni.




Come applicare la ISO 9001:2015 – IV parte

FabbricaIn questo quarto articolo vedreno in dettaglio i requisiti del capitolo 8  (Attività operative) della norma UNI EN ISO 9001:2015 con particolare riguardo alle novità introdotte rispetto alla precedente versione del 2008 ed alle possibili modalità di attuazione dei nuovi requisiti, per il passaggio del sistema di gestione per la qualità ISO 9001:2008 alla ISO 9001:2015.

8 Attività operative

Le “operations” sono il cuore dei processi primari e della norma, ma forse il capitolo con minori modifiche rispetto alla edizione precedente della ISO 9001.

La Pianificazione e controllo operativi (8.1) non richiede nulla di più di quello che è necessario per pianificare e tenere sotto controllo i processi necessari al fine di garantire la conformità di prodotti e servizi. Le informazioni documentate da mantenere (procedure, programmi della produzione, piani della qualità, piani di controllo, piani di progetto, …) e conservare (rapporti di controllo, registrazioni di verifiche, controlli, validazioni, ecc.) sono “quelle che servono”: come esposto in altri punti sta alla responsabilità dell’azienda dimostrare che realizza ciò che ha pianificato, ovviamente in conformità ai requisiti specificati.

Il punto Requisiti per i prodotti e i servizi (8.2) comprende tutti i requisiti relativi ai “processi relativi al cliente” della precedente edizione della norma ed amplifica il suo raggio di azione. I sotto paragrafi trattano i seguenti aspetti, tutti finalizzati ad un’appropriata definizione dei requisiti del prodotto e/o servizio:

  • Comunicazione con il cliente: tratta la corretta gestione di tutte le informazioni che transitano fra organizzazione e propri clienti (offerte, ordini, contratti, cataloghi, listini, depliant, siti web, specifiche, reclami, segnalazioni, ecc.).
  • Determinazione dei requisiti relativi ai prodotti e servizi: poche parole, ma molto chiare dovrebbero far capire che devono essere definiti requisiti per prodotti e servizi comprendenti aspetti cogenti e requisiti stabiliti dall’organizzazione stessa che deve poi dimostrare di essere in grado di offrire al cliente quello che promette.
  • Riesame dei requisiti relativi ai prodotti e servizi: tutti i requisiti stabiliti dal cliente, dall’organizzazione e da normative cogenti devono essere riesaminati per assicurare di avere la capacità di soddisfarli.
  • Modifiche ai requisiti per i prodotti e servizi: le variazioni ai requisiti del prodotto/servizio devono essere gestite aggiornando documentazione e trasferendo le informazioni necessarie a chi di dovere.

Anche in questo caso le informazioni documentate necessarie sono quelle che servono e la procedura documentata non è richiesta, ma opportuna nel momento in cui si vuole stabilire delle regole interne. L’audit di questo elemento non dovrebbe essere difficile, come non dovrebbe essere raro rilevare le promesse consapevolmente non mantenute o non mantenibili, le dichiarazioni di requisiti incomplete, le presentazioni eccessivamente autoincensanti, l’assenza di risorse adeguate per soddisfare i tempi di consegna confermati e così via. Il problema è capire se e come verranno registrate, ovvero qual è il limite fra la conformità e la non conformità?

Anche il punto 8.3 Progettazione e sviluppo di prodotti e servizi è una riscrittura, probabilmente più completa ed efficace, dell’ex punto 7.3 della norma del 2008.

I punti trattati sono i seguenti:

  • Generalità: il processo di progettazione deve essere appropriato alla successiva fornitura di prodotti e servizi conformi.
  • Pianificazione della progettazione e sviluppo: non si rilevano particolari novità rispetto alla versione precedente, ma tutto deve essere considerato nel pianificare il processo di progettazione, comprese la partecipazione del cliente ai controlli della progettazione e le esigenze delle altre parti interessate (es. collettività ed utenti finali).
  • Input alla progettazione e sviluppo: i dati di ingresso al processo di progettazione devono comprendere tutti gli aspetti importanti, comprese le potenziali conseguenze negative di un guasto sul prodotto e le norme ed i codici di condotta che l’organizzazione si è impegnata a rispettare.
  • Controlli della progettazione e sviluppo: in un’unica voce (“controlli”) sono compresi riesami, verifiche e validazioni delle precedenti edizioni della norma ISO 9001.
  • Output della progettazione e sviluppo: anche per questo elemento non ci sono variazioni salienti rispetto alla ISO 9001:2008 in quanto è richiesto che gli elementi in uscita dalla progettazione siano completi e univoci e comprendano i criteri di monitoraggio e controllo del successivo processo di realizzazione.
  • Modifiche della progettazione e sviluppo: nulla di significativamente diverso rispetto alla precedente edizione della norma, le modifiche progettuali devono essere gestite in modo adeguato.

Il successivo punto 8.4 Controllo dei processi, prodotti e servizi forniti dall’esterno equivale come contenuti al punto 7.4 (Approvvigionamento) delle edizioni precedenti (2000 e 2008) della norma.

Nel primo sottopunto (Generalità) viene chiarito che quando il prodotto/servizio di un fornitore esterno viene incorporato nel prodotto/servizio venduto al cliente, oppure viene fornito direttamente al cliente dal fornitore stesso (subappalto) o quando un processo o parte di esso viene fornito dal fornitore (in outsourcing), è necessario stabilire controlli efficaci su tali forniture, qualificare, valutare e rivalutare periodicamente il fornitore, ovvero monitorare costantemente le prestazioni dei fornitori e conservare informazioni documentate su tali attività.

Il Tipo ed estensione del controllo sul fornitore deve essere pianificato in funzione dell’influenza che la fornitura ha sulle capacità dell’organizzazione di fornire con regolarità prodotti e servizi conformi ai requisiti stabiliti.

Le informazioni ai fornitori esterni devono essere complete di tutti gli aspetti relativi alla fornitura, compresi specifiche di controllo, qualifiche del personale, tempi, requisiti di assicurazione qualità. Di fatto non ci sono state variazioni significative rispetto all’edizione del 2008.

Il punto 8.5 Produzione ed erogazione dei servizi è abbastanza simile al punto 7.5 della precedente versione della norma. Il sottopunto 8.5.1 (Controllo della produzione e dell’erogazione dei servizi) torna a distinguere fra processi produttivi e di erogazione di servizi e richiede esplicitamente informazioni documentate per definire le attività da svolgere ed i risultati da conseguire: a seconda dei casi le organizzazioni dovranno definire procedure, programmi di produzione, piani di controllo, piani della qualità o quant’altro ritenuto necessario per tenere sotto controllo la produzione o il processo di erogazione del servizio. Fra gli aspetti nuovi si segnala la necessità di intraprendere azioni che prevengano gli errori umani: non si tratta dei “sistemi a prova di errore” della specifica tecnica ISO/TS 19649 per l’automotive, ma si va verso quella direzione.

Il successivo 8.5.2 (Identificazione e rintracciabilità) non presenta modifiche significative rispetto alla edizione 2008.

Invece le Proprietà che appartengono ai clienti o ai fornitori esterni (8.5.3) estendono il requisito della precedente edizione della norma alle proprietà dei fornitori (ma in realtà il materiale giunto non conforme dal fornitore andava notificato allo stesso anche nelle precedenti edizioni della norma), modernizzando un po’ il requisito stesso in quanto oggi sono diventate sempre più importanti le proprietà intellettuali, la protezione dei dati personali ed in generale tutta la gestione delle informazioni in formato digitale, spesso gestite con troppa superficialità.

Nel sottopunto 8.5.4 viene trattato il requisito relativo alla Preservazione degli output dei processi produttivi e di erogazione dei servizi, impiegando un termine forse un po’ infelice (in lingua italiana) per indicare, di fatto, gli stessi requisiti che comparivano nelle precedenti edizioni della norma quando si parlava di “conservazione dei prodotti”, di “movimentazione”, “immagazzinamento”, “imballaggio”, ecc., comprendendo anche le fasi di trasporto e consegna, quando sotto responsabilità dell’Organizzazione. Ora in due righe si sintetizzano tutti i concetti.

Le Attività post-consegna sono trattate al sottopunto 8.5.5 che rappresenta un requisito innovativo (per la verità implicito nella precedente edizione della norma), anche se di fatto viene ripristinato il requisito 4.18 dell’edizione del 1994 ampliandolo e non riducendolo solo all’assistenza. Oggi, infatti, l’assistenza post-consegna, che comprende assistenza in garanzia, su contratto, supporto nell’utilizzo del prodotto, gestione dell’eventuale smaltimento e di problematiche legate al ritiro dei prodotti non conformi, comunicazioni e così via, è diventata estremamente importante per la percezione di qualità che ha il cliente di un’organizzazione.

Il successivo sottopunto 8.5.6 (Controllo delle modifiche) costituisce un nuovo requisito che vuole porre l’attenzione delle organizzazioni sulla corretta gestione di tutte le modifiche (pianificate e impreviste) alle specifiche di un prodotto/servizio o alla sua realizzazione. Occorre definire compiti e responsabilità per il riesame delle stesse e conservare informazioni documentate per attestare la corretta gestione delle modifiche.

ingranaggi ISO 9001:2015Nel paragrafo Rilascio di prodotti e servizi (8.6) la norma specifica che l’organizzazione deve verificare – in fasi appropriate – che sia stato attuato quanto pianificato nella produzione di prodotti ed erogazione di servizi. In particolare, prima di rilasciare il prodotto al cliente occorre accertarsi che tutto quanto era stato pianificato (lavorazioni, elaborazioni, controlli, test, ecc.) sia stato effettivamente completato soddisfacentemente per garantire la conformità del prodotto/servizio ai requisiti stabiliti. L’unica eccezione è data dall’approvazione di una “Autorità competente” o del cliente a rilasciare comunque un prodotto, ad esempio, non completamente controllato.

Su questo punto la norma richiede evidenze documentali:

  • dei controlli effettuati, a fronte di criteri di accettazione stabiliti, per il rilascio dei prodotti;
  • del riferimento alla/e persona/e che ha effettuato il rilascio del prodotto/servizio.

Questo requisito, come il successivo 8.7 (Controllo degli output non conformi), pur considerando le differenze di struttura tra le due edizioni della norma, sono stati di fatto spostati fra le Attività operative (ex capitolo 7) dalle Valutazioni delle prestazioni (analogo all’ex capitolo 8 dell’edizione del 20008 della norma).

Relativamente alle non conformità è stata esplicitata la necessità di intraprendere azioni correlate alla natura della non conformità ed ai suoi effetti; tra esse la semplice correzione, la segregazione, il contenimento degli effetti e l’informazione al cliente, ad esempio, che parte dei lotti consegnati possa risultare non conforme, se ci si accorge di un problema dopo la consegna del prodotto al cliente.

Naturalmente le NC vanno gestite anche durante lo svolgimento del processo produttivo o l’erogazione del servizio, in qualunque fase esse si verifichino. Infine, è necessario conservare informazioni documentate sulle NC rilevate e sulla loro gestione, come era richiesto nella precedente versione della norma.

(continua)




Come applicare la ISO 9001:2015 – III parte

MP900387631In questo terzo articolo affronteremo il capitolo 7 Supporto della norma UNI EN ISO 9001:2015 con particolare riguardo alle novità introdotte rispetto alla precedente versione del 2008 ed alle possibili modalità di attuazione dei nuovi requisiti, per il passaggio del sistema di gestione per la qualità ISO 9001:2008 alla ISO 9001:2015.

7 Supporto

Questa sezione, completamente nuova come titolo, ma non come contenuti, è direttamente figlia della HLS delle norme sui sistemi di gestione. Essa raccoglie diversi elementi afferenti ai cosiddetti processi di supporto di una organizzazione: gestione delle risorse umane, know-how, sistemi informativi, documenti e dati, dispositivi di monitoraggio e misura, macchinari/attrezzature ed altre apparecchiature hardware, ecc.

L’organizzazione deve sempre determinare le necessità di risorse per il funzionamento dei processi e metterle a disposizione, considerando le capacità delle risorse esistenti, i vincoli che gravano su di esse e ciò che può essere demandato a fornitori esterni.

Anche solo nel paragrafo Generalità di questa sezione si va più a fondo rispetto alle precedenti edizioni della norma su concetti fondamentali quali la disponibilità di risorse adeguate per perseguire gli obiettivi stabiliti, garantire la conformità dei processi e dei prodotti realizzati o servizi erogati. Forse parte delle PMI italiane non saranno pienamente conformi ai requisiti della norma, infatti chi ha messo a disposizione le risorse adeguate per soddisfare gli obiettivi?

Nei paragrafi successivi la norma ISO 9001:2015 non fa che ribadire che devono essere messe a disposizione le Persone (le risorse umane sono ritornate ad essere persone) e le Infrastrutture (edifici, macchinari, attrezzature, risorse tecnologiche, risorse per il trasporto…) necessarie per l’efficace attuazione del sistema di gestione per la qualità, il funzionamento e controllo dei processi e per ottenere la conformità dei prodotti e servizi ai requisiti.

Anche l’Ambiente per il funzionamento dei processi deve essere adeguato a quanto sopra ed addirittura la norma, nelle note esplicative per chiarire cosa si intende per “ambiente”, fa riferimento a principi etici, aspetti sociali e psicologici, oltre che fisici (temperatura, illuminazione, rumore, ecc.). L’ambiente, infatti, comprende quelle variabile che possono influenzare il benessere ed il comportamento delle persone che hanno relazione direttamente o indirettamente con l’impresa.

Le tematiche esposte ai punti 7.1.2, 7.1.3 e 7.1.4 della norma sopra citati sono da considerarsi piuttosto delicate da verificare in fase di audit, perché si rischia di sconfinare nella normativa sul lavoro (Persone), sulla sicurezza (Persone e Infrastrutture) e sull’ambiente (Ambiente per il funzionamento dei processi e Infrastrutture). I confini fra i requisiti dei sistemi di gestione per la qualità ed i requisiti cogenti non inerenti i prodotti e servizi realizzati sono sempre stati mantenuti solidi e invalicabili da ACCREDIA e dagli Organismi di Certificazione, ma ora la norma del 2015 entra più nello specifico e ci pone degli interrogativi:

  • Come è possibile essere conformi alla ISO 9001:2015 se non si rispettano le norme legate ai contratti di lavoro per fornire al cliente un servizio il cui livello qualitativo non può essere garantito dal personale incaricato in termini di risorse messe a disposizione, tempi di consegna, garanzia di continuità del servizio?
  • Come si può pensare di garantire un ambiente di lavoro e relativi processi conformi alla ISO 9001:2015 se le apparecchiature non sono manutenute e gestite almeno osservando i requisiti cogenti del D.Lgs 81/2008 e s.m.i.?
  • Quale conformità ai requisiti ISO 9001:2015 si può credere di garantire se le condizioni di lavoro del personale non sono coerenti con le norme sulla “sicurezza e salute dei lavoratori” e con principi etici condivisi (trattamenti discriminatori, rispetto della privacy, lavoro sotto stress eccessivo… la norma cita addirittura sindrome da burnout)?

È necessario stabilire con chiarezza fino a che punto spingersi in fase di audit di certificazione su questi aspetti e, soprattutto, quali saranno le competenze richieste agli auditor per eventualmente investigare su aspetti cogenti non di loro normale pertinenza.

Qualunque siano le eventuali specificazioni di ACCREDIA su questo argomento (in assenza di esse varrebbe quanto stabilito per le precedenti versioni della norma), certe situazioni “consapevolmente non conformi” per assenza di evidenze oggettive di conformità a requisiti cogenti, sarebbe corretto rilevarle.

Drawing Compass and Graphing PaperLe Risorse per il monitoraggio e la misurazione del punto 7.1.5 della nuova norma sono gli ex “dispositivi di monitoraggio e misurazione” del § 7.6 della norma ISO 9001:2008, ovvero, per molte aziende, i classici strumenti di misura.

Nei sotto paragrafi Generalità e Riferibilità delle misurazioni di questo punto non vi sono particolari novità rispetto alla precedente edizione della norma: occorre mettere a disposizione risorse adeguate (non solo legate alla strumentazione di misura) a garantire l’affidabilità delle misure e, ove richiesto, la riferibilità metrologica delle attività di taratura, calibrazione e controllo degli strumenti. Per dare evidenza di tutto ciò continuano ad essere richieste informazioni documentate.

Il punto 7.1.5 della norma tratta la Conoscenza organizzativa e costituisce una novità assoluta di questa edizione della norma, anche se alcuni concetti erano comunque insiti in altri punti della vecchia norma. Viene data l’importanza che merita alle conoscenze del funzionamento dell’organizzazione stessa e dei suoi processi da parte delle persone che vi operano, anche con ruoli di responsabilità. Il valore dell’esperienza delle persone, delle informazioni che costituiscono proprietà intellettuale dell’impresa e le conoscenze e capacità tecniche e gestionali che possono essere acquisite dall’esterno attraverso formazione, acquisizione di informazioni documentate o altro deve essere gestito in modo adeguato, identificando le necessità, colmando le carenze, proteggendo il know-how aziendale ecc.

Il requisito relativo alla Competenza delle persone non è sostanzialmente mutato rispetto alla precedente versione della norma, ma ora è più chiaro che è responsabilità dell’organizzazione assicurarsi che anche il personale esterno (collaboratori a contratto, consulenti) e del fornitore disponga delle competenze adeguate a svolgere le attività cui è preposto e, quindi, provvedere, se necessario, all’acquisizione delle competenze che risultano carenti. Su questo punto dell’acquisizione delle competenze la norma non prescrive di colmare le lacune solamente attraverso la formazione e l’addestramento del personale, questo è solo uno dei modi possibili.

Il requisito della Consapevolezza, senza variazioni significative rispetto alla versione 2008 della norma, viene enfatizzato (è elevato a requisito a sé): il personale deve essere consapevole degli effetti, sia positivi, che negativi, del suo operato sull’efficacia del sistema qualità e sul conseguimento della conformità dei prodotti e servizi.

La consapevolezza può essere ottenuta attraverso diversi metodi: riunioni, formazione, condivisione di non conformità e problemi rilevati (per imparare dall’esperienza), comunicazioni interne, ecc. Da parte dell’auditor, invece, la consapevolezza può essere dimostrata – oppure no – attraverso le interviste al personale e le verifiche incrociate con input/output di altri processi rispetto a quello sotto esame.

Anche la Comunicazione assume maggiore importanza in questa edizione della norma: l’organizzazione deve determinare cosa, come, quando, a chi e che cosa comunicare, sia internamente che esternamente alle parti interessate. Tutte le comunicazioni, interne ed esterne, dovranno essere coerenti con obiettivi ed altri requisiti del sistema di gestione.

Il punto 7.5 della norma tratta delle Informazioni documentate, ovvero dei documenti e delle registrazioni delle precedenti versioni della norma. In questa edizione, però, non è solo il nome a cambiare (il termine “informazioni” ricorda maggiormente le norme ISO 27000 sulla sicurezza delle informazioni), infatti il requisito lascia un maggior grado di libertà alle organizzazioni poiché il sistema di gestione per la qualità deve comprendere:

  • le informazioni documentate richieste dalla norma, che sono in numero inferiore alle precedenti edizioni e non sono richieste procedure obbligatorie e nemmeno il manuale qualità lo è.
  • Le informazioni documentate stabilite come necessarie dall’organizzazione.

MP900303003Sebbene la norma lasci ad ogni singola organizzazione la scelta di quali documenti di tipo procedurale (manuale, procedure, istruzioni, piani della qualità, ecc.) mantenere in funzione delle dimensioni dell’organizzazione, della complessità ed articolazione dei processi, delle competenze delle persone, ecc. credo siano pochi i casi di aziende che possono ritenere non necessarie alcune procedure relative a processi primari o processi di supporto per i quali il personale non dispone di sufficienti competenze per gestirli in modo conforme alla norma.

La norma spiega in appendice (vedasi precedente articolo) la differenza fra “mantenere informazioni documentate” e “conservare informazioni documentate”. In ogni caso la norma indica puntualmente quali informazioni documentate è necessario conservare e non si riscontrano particolari differenze rispetto al passato.

Nei paragrafi 7.5.2 (Creazione e aggiornamento) e 7.5.3 (Controllo delle informazioni documentate) non sono riportate novità sostanziali rispetto alle precedenti edizioni della norma, ma solo una riscrittura dei requisiti in ottica più attuale, con maggiore enfasi sulla gestione sicura delle informazioni (va garantita la riservatezza e l’integrità, nonché il controllo delle versioni). Anche per le informazioni documentate di origine esterna (norme e leggi, specifiche del cliente, …) valgono le stesse regole. Da segnalare il fatto che non è più richiesto esplicitamente un tempo di conservazione per le informazioni documentate.

Rispetto al passato questo punto dovrà essere attuato con maggior rigore per quanto riguarda le informazioni in formato digitale, in quanto alcune di esse sono molto critiche per il funzionamento dei processi, per preservare il know-how aziendale e le proprietà del cliente.

Nel complesso la sezione 7 della norma ha migliorato significativamente l’omogeneità di gestione di tutti quei processi di supporto presenti in molte imprese che raccolgono le procedure (e relativi processi/attività) riguardanti: gestione delle risorse umane, gestione delle risorse tecniche/manutenzione attrezzature, gestione degli strumenti, gestionde della documentazione, comunicazioni interne, ecc..

(continua)

 




Come applicare la ISO 9001:2015 – II parte

analisi datiIn questo secondo articolo affronteremo i capitoli 5 Leadership e 6 Pianificazione della norma UNI EN ISO 9001:2015 con particolare riguardo alle novità introdotte rispetto alla precedente versione del 2008 ed alle possibili modalità di attuazione dei nuovi requisiti, per il passaggio del sistema di gestione per la qualità ISO 9001:2008 alla ISO 9001:2015.

5 Leadership

Questa versione della norma invoca, con maggior enfasi, la Leadership e l’impegno dell’alta Direzione sul sistema di gestione per la qualità: dalla definizione di politica ed obiettivi, all’assicurare l’efficacia del sistema stesso nel raggiungimento di suddetti obiettivi. Per garantire ciò la Direzione deve fornire supporto e motivazione a tutto il personale per l’attuazione dei requisiti del sistema qualità e deve mettere a disposizione risorse adeguate per il perseguimento degli obiettivi stabiliti.

Il coinvolgimento nel sistema di gestione per la qualità deve riguardare tutto il “top management” (“Persona o gruppo di persone che dirigono e controllano una organizzazione al più alto livello”), o Alta Direzione, e il sistema stesso deve essere integrato con il funzionamento dell’azienda.

Questi requisiti potranno essere verificati attraverso interviste al top management, verifica del riesame del sistema, verifica del coinvolgimento del personale – attraverso le interviste normalmente svolte durante l’audit e della Direzione stessa – nella qualità dei processi e dei prodotti, valutazione delle evidenze dei risultati degli indicatori di monitoraggio e misura dei processi e così via. Occorrerà solo vedere quanto il bravo auditor vorrà “ferire” in caso di rilevazione di carenze su questo punto.

RelazioneLeadership ed impegno dovranno evidenziarsi anche nella Focalizzazione sul cliente che, rispetto ai requisiti rafforzati della precedente edizione, dovranno affrontare rischi ed opportunità che possono influenzare la conformità dei prodotti e dei servizi, oltre l’aumento della soddisfazione del cliente a cui bisognerà sempre tendere.

L’analisi dei rischi dovrebbe anche valutare possibili minacce al rispetto dei requisiti dei prodotti ed a quelli cogenti, nonché al rispetto dei requisiti del servizio, come i tempi di consegna. In ogni impresa tali possibili rischi sono innumerevoli e non sempre sono correttamente valutati ed affrontati dalla Direzione. In questo senso la norma ISO 9001:2015 va verso la normativa del settore automotive (ISO/TS 16949 e altri schemi) in cui vanno considerati anche fattori straordinari quali il fermo-macchina prolungato, catastrofi naturali, chiusura di fornitori critici, assenza di personale, ecc.

Il requisito successivo sulla politica per la qualità ha subito pochi cambiamenti, legati al fatto di essere legata al contesto dell’organizzazione ed essere coerente con strategie ed obiettivi dell’organizzazione. Quindi la politica per la qualità – comunicata all’interno ed all’esterno dell’organizzazione, disponibile anche alle parti interessate, per es. ai fornitori – dovrebbe essere dinamica, riesaminata più frequentemente che in passato per adeguarsi al mutato contesto dell’organizzazione.

La definizione, da parte del top management, di Ruoli, responsabilità e autorità nell’organizzazione non ha prescrizioni particolarmente differenti rispetto al passato, salvo constatare l’assenza del “Rappresentante della Direzione”. Questa figura non è più necessaria, ma non è pensabile che un sistema di gestione per la qualità possa funzionare (soprattutto nel nostro Paese) senza un Responsabile Qualità che mantiene le fila di tutto il Sistema. Cade l’obbligo che il Rappresentante della Direzione sia un membro effettivo della Direzione che ha procurato numerosi problemi, soprattutto in organizzazioni di piccole dimensioni che avrebbero voluto delegare la qualità “al primo che capita”.

In generale, sebbene non siano richieste informazioni documentate, la definizione di un organigramma funzionale e nominativo, unito alla presenza di un mansionario condiviso a tutti i livelli dell’organizzazione resta condizione imprescindibile per dimostrare quanto richiede la norma. Ovviamente possono sussistere altre forme di documentazione al riguardo, compreso il richiamo a procedure ed istruzioni per dettagliare compiti e responsabilità di ogni funzione, ma le responsabilità in azienda non possono essere solamente fondate sulla parola.

La verifica della coerenza di tutto quanto resta sempre una regola dettata dal buon senso per il bravo auditor.

6 Pianificazione

Questa sezione, un caposaldo della nuova struttura HLS, si basa sulle Azioni per affrontare rischi ed opportunità. Considerando il contesto dell’organizzazione descritto ai punti 4.1 e 4.2 l’organizzazione deve determinare rischi ed opportunità che influenzano la sua attività per:

  • assicurare i risultati attesi del sistema di gestione per la qualità;
  • accrescere gli effetti desiderati (derivanti dalle opportunità);
  • prevenire gli effetti indesiderati (derivanti dai rischi);
  • perseguire il miglioramento continuo.

Le azioni per affrontare rischi ed opportunità devono essere pianificate secondo modalità che assomigliano molto al vecchio paragrafo sulle azioni preventive e di miglioramento. Nella nuova edizione della norma tali azioni sono elevate di livello, derivano dalla valutazione di importanza di rischi ed opportunità, devono essere attuate integrandole nell’intero sistema e nei suoi processi e deve essere valutata l’efficacia di tali azioni.

Le note riportate in questo paragrafo chiariscono le possibili alternative a fronte dell’identificazione di un rischio, tra cui l’assunzione dello stesso per cogliere un’opportunità di crescita.

D’altro canto le opportunità possono trovarsi nell’ambito dell’innovazione di prodotto e di processo, nelle relazioni con clienti e fornitori, nella creazione di nuovi prodotti e in molte altre situazioni.

Sebbene la norma non richieda espressamente una analisi del rischio documentata, riesce difficile comprendere come un’attività così complessa possa essere condotta senza redigere e riesaminare periodicamente un documento specifico, anche nelle organizzazioni più piccole.

Un minimo di classificazione e graduazione dei rischi, delle relative probabilità di accadimento e della gravità delle conseguenze in caso di verificarsi del rischio credo sia indispensabile per dare evidenza di una corretta gestione del rischio e dell’applicazione del risk-based thinking.

Al riguardo si segnala che l’ISO ha pubblicato un esempio applicativo della gestione dei rischi legati all’ISO 9001:2015, riportato in allegato 3 della Linea Guida Conforma sulla ISO 9001:2015.

Businesswoman Crossing the Finish Line Ahead of BusinessmenRelativamente agli Obiettivi per la qualità e pianificazione per il loro raggiungimento la nuova norma specifica che gli stessi devono essere pertinenti alla conformità dei prodotti e dei servizi ed al raggiungimento della soddisfazione del cliente. Dunque non bastano indici sulle vendite, sulla produttività e sul raggiungimento di obiettivi strategici aziendali, occorre considerare conformità/non conformità dei prodotti, resi, reclami, ritardi di consegna e soddisfazione del cliente.

In più la nuova edizione della norma precisa che l’organizzazione deve pianificare cosa sarà fatto per raggiungere gli obiettivi, come sarà fatto, quali risorse saranno impiegate, quali saranno i responsabili delle azioni pianificate, quando si ritiene saranno completate e come si valuterà i risultati. Questi aspetti spesso sono richiesti dagli auditor degli Organismi di Certificazione, ora diventano un requisito non tanto facile da soddisfare, soprattutto per molte PMI con scarsa mentalità alla pianificazione delle risorse per il conseguimento degli obiettivi.

Questo punto della norma, se correttamente verificato e valutato in fase di audit, potrebbe mettere a nudo alcune carenze di numerose piccole organizzazioni che, da un lato documentano obiettivi di qualità dei prodotti e dei processi e dall’altro, nella pratica, spingono il personale solamente all’ottenimento del massimo fatturato al più presto possibile, per essere quindi pagati prima possibile, il tutto a discapito dei controlli e della qualità dei prodotti e servizi. Non è certo questa la filosofia della nuova ISO 9001:2015, ma bisognerà avere il coraggio di far capire alle organizzazioni le loro carenze manageriali.

La Pianificazione delle modifiche al sistema di gestione per la qualità deve essere ben ponderata, valutando le possibili conseguenze in situazioni di cambiamento quali introduzione di nuovi prodotti o servizi, apertura di nuovi mercati, introduzione di nuovi sistemi informativi o modifica degli esistenti, cambiamenti organizzativi, attuazione di nuovi requisiti cogenti, ecc. Anche se non presenta particolari novità rispetto all’edizione precedente della norma, il requisito risulta allineato ai nuovi concetti normativi.

continua

 




Come applicare la ISO 9001:2015 – I parte

impresaIn questo primo articolo di approfondimento affrontiamo in dettaglio alcuni capitoli della nuova norma ISO 9001:2015, iniziando dall’Appendice che ci fornisce indicazioni su alcuni aspetti di novità della norma per i sistemi di gestione per la qualità nell’edizione di settembre 2015 rispetto alla precedente versione del 2008.

Comprendere le esigenze e le aspettative delle parti interessate

L’identificazione di tutte le parti interessate all’attività dell’organizzazione e l’individuazione delle loro esigenze non costituisce un concetto nuovo per le norme della famiglia ISO 9000, ma ora, con l’edizione 2015 della ISO 9001, entra di diritto fra i requisiti della norma. Nell’appendice A.3 della norma viene però chiarito che l’organizzazione deve identificare quali soggetti (stakeholders) sono interessati all’attività dell’organizzazione e quali sono i loro requisiti ed esigenze. Fra le parti interessate classiche vi sono i dipendenti e collaboratori dell’organizzazione, i fornitori esterni, la proprietà ed i soci, la collettività. Le loro esigenze potrebbero essere anche in contrasto fra loro, ma la norma non richiede espressamente di soddisfare anche le esigenze delle parti interessate, oltre a quelle del cliente; chiede solo di identificarle e di valutare il loro impatto sull’attività dell’organizzazione e sul campo di applicazione del sistema qualità. Conseguentemente sta all’organizzazione stessa stabilire quali parte interessate e quali esigenze delle stesse eventualmente mirare a soddisfare e come.

Risk based thinking

Questo è il principale aspetto innovativo della nuova edizione della norma, anche se il concetto non era completamente assente nelle precedenti edizioni. Il risk based thinking è un approccio alla progettazione, attuazione e documentazione del sistema di gestione finalizzato alla prevenzione degli eventi negativi (non conformità, reclami, ritardi di consegna, interruzioni della produttività e dei servizi, ecc.) che potrebbero accadere con maggiore probabilità e con impatto e conseguenze maggiormente negative. Proprio per le finalità preventive del risk based thinking è stato eliminato un punto specifico sulle azioni preventive, che dovranno confluire nel più ampio spettro delle azioni di miglioramento pianificate.

Tornando al risk based thinking, la valutazione che l’organizzazione deve effettuare sui propri rischi di business avviene a valle dall’analisi del contesto dell’organizzazione, in quanto solo analizzando in dettaglio il contesto nel quale si muove l’organizzazione (mercato, clienti, area geografica, Stato e suoi regolamenti e leggi, personale, fornitori, ecc.) è possibile identificare i rischi reali che potrebbero influenzare i processi di business dell’organizzazione. La norma non può – e peraltro non potrebbe – stabilire una metodologia specifica per la valutazione dei rischi e lascia all’organizzazione il compito di scegliere un metodo di analisi e valutazione dei rischi e, conseguentemente, le azioni di trattamento per eliminare, ridurre o mitigare suddetti rischi. Stando ai requisiti del punto 6.1 l’organizzazione è responsabile della propria applicazione del risk based thinking e, oserei dire purtroppo – può decidere se documentare, e come farlo, il processo di determinazione dei rischi. È, questo, forse il principale punto controverso della nuova norma, probabilmente anche perché costituisce un elemento di novità, in quanto non è chiaro – alle organizzazioni ed ai loro consulenti ed agli auditor degli organismi di certificazione – quale metodologia è idonea per la valutazione dei rischi. In altre parole: i metodi noti e sicuramente adeguati di valutazione dei rischi sono numerosi (si veda ad es. la serie ISO 31000), ma le organizzazioni e gli auditor degli organismi di certificazione si chiedono “qual è il livello minimo di valutazione dei rischi” che garantisce la conformità alla norma? Questo poichè molte organizzazioni, soprattutto di piccole dimensioni, chiedono cosa devono fare per “raggiungere la sufficienza”, anche perché credono che ciò comporti un impegno, e quindi un costo, inferiore. Dall’altra parte come faranno gli auditor a valutare il grado di conformità di un metodo o di un approccio, soprattutto se non è richiesta un’esplicita evidenza documentale?

Informazioni documentate

La nuova terminologia va a sostituire i termini documenti, manuale qualità, procedure, istruzioni, registrazioni ecc… Al di là di questo l’impatto sul sistema qualità è diverso perché non è più richiesto uno specifico documento (ad es. manuale o procedure) per documentare un determinato aspetto (informazioni documentate da mantenere), mentre le registrazioni, ovvero le evidenze che vengono raccolte e conservate per mostrare che le cose si sono svolte in un determinato modo, sono semplicemente informazioni documentate da conservare.

Conoscenza organizzativa

È un aspetto molto importante e spesso sottovalutato dalle aziende e causa di numerosi problemi. La norma richiede, al punto 7.1.6, di determinare e gestire le conoscenze in possesso dell’organizzazione, che spesso risiedono nelle menti delle persone, nei sistemi informativi e negli archivi su supporto cartaceo. Anche in questo caso non è semplice determinare il livello di conformità in modo oggettivo senza sconfinare nel semplice parere, visto che anche su questo aspetto occorre gestire il rischio di perdere queste conoscenze, difficilmente quantificabile.

Torniamo ora all’inizio della norma ed esaminiamo le sezioni partendo dal principio.

0 Introduzione

L’adozione di un sistema di gestione per la qualità e di certificarlo secondo la norma ISO 9001 è una decisione strategica dell’organizzazione, che pertanto dovrebbe agire consapevolmente in relazione ai vantaggi che tale sistema potrebbe apportare all’efficacia ed all’efficienza dell’intera organizzazione ed alla soddisfazione dei clienti.

In questa sezione vengono trattati:

  • il ciclo PDCA;
  • l’approccio per processi;
  • il risk based-thinking e la gestione di rischi e opportunità;

1 Scopo e campo di applicazione

La norma specifica i requisiti per un sistema di gestione quando un’organizzazione voglia dimostrare di essere in grado di fornire con regolarità prodotti e/o servizi conformi ai requisiti del cliente e miri ad accrescere la soddisfazione del cliente tramite l’applicazione efficace del sistema stesso.

2 Riferimenti normativi

La norma fa riferimento alla ISO 9000:2015 relativa ai “Fondamenti e Vocabolario”. In appendice si specifica poi la non obbligatorietà a fare riferimento alle definizioni ufficiali ISO 9000 nell’ambito dei sistemi qualità delle singole organizzazioni. Gli auditor sono avvisati.

3 Termini e definizioni

Si fa riferimento alla sopra citata ISO 9000:2015.

4 Contesto dell’organizzazione

In questa sezione la norma richiede di comprendere l’organizzazione ed il suo contesto, ovvero determinare quei fattori esterni ed interni che influenzano la sua attività ed i relativi risultati da conseguire. Di tali fattori occorre monitorare e riesaminare le informazioni che ne derivano e che possono influenzare il sistema di gestione.

In questo ambito occorre considerare il mercato nel quale opera l’organizzazione, i suoi clienti e le relative esigenze, il contesto normativo e legislativo applicabile, l’ambiente circostante ed il contesto socio-economico del Paese in cui agisce l’organizzazione, cultura e conoscenze dell’organizzazione, tecnologie, ecc…

Da questo punto della norma derivano sicuramente le leggi, le norme ed altri requisiti cogenti applicabili e tutte le condizioni al contorno che influenzano, positivamente o negativamente, l’attività.

L’organizzazione dovrà poi comprendere le esigenze e le aspettative delle parti interessate, dopo aver individuato queste ultime (clienti, personale interno, fornitori, proprietà, collettività, investitori, …) ed aver identificato i loro requisiti, proprio per l’impatto che possono avere sulla capacità di fornire prodotti e/o servizi conformi ai requisiti (del cliente e cogenti applicabili).

Precisato che le parti interessate da individuare sono solamente quelle rilevanti per l’attività svolta dall’organizzazione, si dovrà monitorare e riesaminare le informazioni provenienti da suddette parti interessate.

L’analisi del contesto non sarà statica, ma dinamica, in quanto il contesto dell’organizzazione potrà mutare di anno in anno e, quindi, dovrà essere riesaminato, ad esempio in occasione del riesame della direzione, svolto a frequenza prefissata.

A valle dell’analisi del contesto e delle aspettative delle parti interessate occorrerà determinare il campo di applicazione del sistema di gestione per la qualità.

Nel determinare i confini e l’applicazione del Sistema di gestione per la Qualità l’organizzazione dovrà considerare i fattori relativi al contesto esposti in precedenza.

Il campo di applicazione del sistema dovrà essere documentato e dovrà comprendere i tipi di prodotti e servizi coperti da esso. Non si parla più di esclusioni di punti della norma, ma solo di non applicabilità di requisiti. Tale non applicabilità deve essere giustificata ed è ammessa solo se non influenza negativamente la capacità di fornire prodotti e servizi conformi ai requisiti. Dunque l’esclusione -pardon la non applicabilità – di requisiti pare ammissibile solo se tali elementi sono estranei all’attività dell’organizzazione. La progettazione potrà ritenersi non applicabile solo se veramente non svolta, mentre una partecipazione assieme al cliente ad alcune attività di verifica della progettazione o validazione della stessa durante lo sviluppo del prodotto e del processo dovranno comunque ritenersi compresi nel campo di applicabilità del SGQ.

Infine, alla sezione 4.4, viene trattato il “Sistema di gestione per la qualità ed i relativi processi”. Suddetto paragrafo a cui corrisponde il punto 4 – ed in particolare i sottopunti 4.1 e 4.2.2 – nella precedente edizione della norma ISO 9001:2008, impone alle organizzazioni che vogliono certificarsi di stabilire, attuare, mantenere attivo e migliorare in modo continuativo un sistema di gestione per la qualità. Rispetto ai contenuti della precedente versione della norma è stata data maggior enfasi all’approccio per processi, alla misura dell’efficacia dei processi – anche attraverso la misura ed il monitoraggio degli stessi – ed al miglioramento continuo delle prestazioni. In particolare nella ISO 9001:2015 viene richiesto di:

  • determinare gli input necessari e gli output previsti per ciascun processo, le loro interazioni e le risorse ad essi dedicate;
  • determinare i metodi, i criteri e gli indicatori per misurare le prestazioni dei processi;
  • assegnare le responsabilità e l’autorità per la gestione dei processi.
  • considerare i rischi e le opportunità, e le relative modalità di gestione (requisito nuovo, poi dettagliato al § 6.1).

In questo paragrafo, rispetto all’omologo della versione precedente, non viene richiesta documentazione specifica – né manuale qualità, né procedure documentate specifiche -, ma occorre solo mantenere informazioni documentate necessarie e sufficienti a garantire il corretto funzionamento dei processi. La responsabilità di descrivere i processi con procedure, diagrammi di flusso, schede processo o quant’altro è demandata all’organizzazione, mentre sarà compito (impegnativo) degli auditor valutare se tale documentazione è sufficiente a garantire il corretto funzionamento dei processi.

Sicuramente – soprattutto per le PMI – è consigliabile non “buttare via” il manuale qualità, le procedure e tutta la documentazione inerente i processi aziendali prodotta per le precedenti due versioni della norma (si ricorda che con la “Vision 2000” fu introdotto l’approccio per processi, poi rimasto immutato nell’edizione del 2008). Anzi, probabilmente occorrerà descrivere con maggior dettaglio i processi stessi, sicuramente identificandone i rischi e le opportunità, ma anche definendo meglio gli elementi che in passato erano stati trascurati (ad es. indicatori di misura). Infatti, senza una descrizione adeguata dei processi in forma di informazione documentata, difficilmente si riuscirebbe a dimostrare che il processo è gestito e sotto controllo da parte di tutto il personale coinvolto.

(continua)




A chi serve il project management?

La gestione di progetti, soprattutto in alcuni settori critici come quelli delle costruzioni e dell’ICT, è una materia forse troppo dimenticata dalle Direzioni aziendali delle piccole e medie imprideaese, anzi essenzialmente delle piccole organizzazioni che si occupano quasi esclusivamente di progettazione di opere o sistemi informatici. Questo poiché nel nostro Paese gran parte delle società che operano in questi settori sono di piccole dimensioni.

Nonostante ciò la dimensione dei progetti che gestiscono le piccole organizzazioni è spesso notevole e quand’anche l’impegno progettuale non assomma un numero di giorni/persona considerevole (fino a 250 ore di lavoro il progetto si definisce piccolo, medio fino a 2500 ore, cfr. PMBOK® Guide) talvolta il risultato del progetto è da considerarsi critico perché riguarda un’opera o un sistema che può influenzare significativamente la vita delle persone e addirittura, in caso di errori di progettazione, può provocare seri danni a persone o cose.

Ma quanto le PMI sono in grado di tenere sotto controllo la progettazione? Quanto sanno gestire i progetti?

Ricordiamo i requisiti principali della norma UNI EN ISO 9001:2008 sui sistemi di gestione per la qualità relativamente al processo di “Progettazione e sviluppo”:

  1. Pianificazione della progettazione e sviluppo
  2. Elementi in ingresso alla progettazione e sviluppo
  3. Elementi in uscita dalla progettazione e sviluppo
  4. Riesame della progettazione e sviluppo
  5. Verifica della progettazione e sviluppo
  6. Validazione della progettazione e sviluppo
  7. Tenuta sotto controllo delle modifiche della progettazione e sviluppo.

Tutti questi requisiti sono elementi fondamentali del project management.

1) Devo pianificare la progettazione in modo documentato, preferibilmente attraverso un piano di progettazione che riporti una scomposizione della progettazione in fasi, sottofasi ed attività con il dettaglio necessario per poi identificare, per ognuna di esse, tempi di svolgimento, risorse necessarie, vincoli, ecc.

Spesso quest’attività viene riduttivamente documentata attraverso un diagramma di Gantt che, non dimentichiamolo, è semplicemente una vista del piano di progetto. Ancor più semplicistico è ridurre il project management al project planning, magari senza capire la differenza fra planning (=definire fasi ed attività del progetto e la loro durata) e scheduling (=collocare ogni fase ed attività nell’asse dei tempi reali, ovvero assegnare una data di inizio e fine per ogni attività pianificata), laddove in italiano i termini pianificazione e programmazione non rappresentano esattamente gli stessi concetti. Troppe volte, poi, un “cronoprogramma” della progettazione, sviluppato all’inizio della stessa, non viene più mantenuto aggiornato, annullando parte dei benefici di una buona programmazione.

2) Devo definire i requisiti della progettazione, ovvero gli input ad essa, preferibilmente in modo documentato al fine di evitare ambiguità durante lo sviluppo del progetto. Talvolta l’assenza di un’attenta analisi dei requisiti contrattuali – e di quelli cogenti applicabili – porta a realizzare progetti (e quindi opere o sistemi informatici) che non soddisfano le esigenze del cliente, con tutto quel che ne consegue, sia in termini di immagine, sia in termini di possibili contenziosi (spesso la lievitazione dei costi di opere di ingegneria civile dovute a varianti in corso d’opera è proprio causata da errori di progettazione o scarsa chiarezza del progetto esecutivo).

3) Devo stabilire quali risultati della progettazione si aspetta il Committente. Non solo quelli evidenti, ma anche quelli meno palesi come il formato di output degli elaborati progettuali di un’opera, i sorgenti di un programma software oppure la documentazione utente di un sistema informatico.

4-5) Per non progredire con la progettazione alla cieca, rischiando di intraprendere strade sbagliate oppure di accumulare ritardi incolmabili nei tempi di conclusione del progetto, devo definire e pianificare dei momenti di riesame e verifica della progettazione, in corrispondenza dei quali esaminerò lo stato di avanzamento del progetto e le problematiche incontrate; verificherò, inoltre, la congruenza dei risultati intermedi della progettazione. Effettuare questi riesami e verifiche in momenti opportuni e con il contributo delle persone giuste, aiuta ad evitare di procedere perseguendo decisioni sbagliate o iter progettuali non corretti: bene che vada – se mi accorgo degli errori in fasi successive – evito di svolgere del lavoro per nulla, che dovrò probabilmente rifare. Bene che vada finirò in ritardo e produrrò un progetto non conforme alle specifiche con conseguente aggravio di costi.

6) Dovrei anche “validare” la progettazione al termine della stessa, magari attraverso il test di un prototipo nell’ambiente operativo di utilizzo. Quanti software hanno fallito in fase di installazione dal cliente perché non era stato effettuato un test di accettazione nel medesimo ambiente operativo, comprendente hardware e software di base, interfacce, ecc.?

7) Devo inoltre tenere sotto controllo le modifiche ai risultati della progettazione, sia durante che dopo la conclusione della stessa, attraverso un sistema di controllo delle revisioni o versioni. Il controllo della configurazione oggi è un must non solo per l’attività di sviluppo software (tra l’altro a volte realizzata in luoghi differenti da persone differenti), ma anche per la progettazione di opere edili ed infrastrutturali, dove gli elaborati vengono realizzati in formato elettronico e revisionare un elaborato senza le dovute accortezze porta a confondere facilmente l’ultima versione con una versione precedente.

Tutto questo è project management, ma non solo; è possibile fare di più, quando serve.

Un’indagine Standish Group del 2012 ha evidenziato i dieci fattori critici che possono determinare il successo (o l’insuccesso) di un progetto IT, alcuni di essi sono chiaramente correlati al project management:

3° Chiara definizione dei requisiti

4° Corretta pianificazione

6° Milestone di progetto ravvicinate

7° Competenza del gruppo di lavoro

8° Titolarità del progetto

9° Chiarezza della visione e degli obiettivi

10° Gruppo di lavoro efficiente e focalizzato sul progetto.

Anche se qualcuno potrebbe dubitare, tutti questi elementi sono legati ad una buona gestione del progetto ed ad attività di project management ben documentate e svolte secondo le regole di questa disciplina. Già, ma quali sono le regole del project management?

Esistono degli standard di riferimento, uno di essi – forse il migliore – è il cosiddetto PMBOK ® Guide Project Management Body of Knowledge, che è stato anche tradotto in italiano ed integrato da TenStepItalia. Esiste poi il PRINCE 2 – PRojects IN Controlled Environments ed anche il modello del SEI CMMI® (Capability Maturity Model® Integration) for Development (Software Engineering Process Management Program (relativo allo sviluppo dei sistemi informatici) contiene alcuni capitoli dedicati al Project Management,

La definizione di “Progetto” ci serve per capire cosa vuol dire Project Management: un progetto è uno sforzo temporaneo intrapreso allo scopo di creare un prodotto, un servizio o un risultato unico. La temporaneità e l’unicità del risultato rende il progetto diverso da un lavoro di routine, da operazioni che vengono svolte sempre nel medesimo modo.

I progetti sono dunque caratterizzati da attività non-ricorrenti e non-ripetitive. Proprio per questo vanno gestite in modo diverso rispetto ad un lavoro ordinario e le cosiddette “procedure” non sono pienamente adatte a descrivere le modalità di gestione di un progetto.

Per questo motivo occorre redigere un piano di progetto e magari anche un piano della qualità del progetto.

Gli elementi fondamentali da valutare, documentare e monitorare per gestire correttamente un progetto sono i requisiti (di qualità e quantità del risultato della progettazione), i tempi e i costi.

Il project management è, dunque, costituito dalla pianificazione, il monitoraggio ed il controllo di tutti gli aspetti di un progetto e di tutte le motivazioni che implicano il sicuro raggiungimento degli obiettivi di progetto entro tempi, costi e criteri di performance stabiliti (def. APM).

Il project management è l’applicazione di conoscenze, skill, strumenti e tecniche alle attività di progetto al fine di soddisfarne i requisiti (def. PMI).

Si può anche dire che il project management è una gestione sistemica di un’impresa complessa, unica e di durata limitata, finalizzata al raggiungimento di un obiettivo predefinito, mediante un processo continuo di pianificazione e controllo di risorse differenziate e limitate, con vincoli di tempo, di costo e di qualità, e rappresenta una tecnica di realizzazione e controllo delle attività particolarmente efficace negli attuali scenari di continua e rapida evoluzione.

I processi di Project management sono stati identificati nei seguenti:

  1. Processi di Avvio
  2. Processi di Pianificazione
  3. Processi di Esecuzione
  4. Processi di Monitoraggio e Controllo
  5. Processi di Chiusura

In molte organizzazioni si dà prevalenza ai processi esecutivi (punto 3), trascurando soprattutto Pianificazione e Monitoraggio/Controllo del progetto, sebbene il tempo investito in questi processi ne faccia risparmiare molto altro sul Ciclo di vita dell’intero progetto.

La Pianificazione, anche se non costituisce il Project Management, come abbiamo detto sopra, è forse il processo più importante e più trascurato.

Le norme ed i metodi di programmazione possono variare in relazione al tipo ed alla complessità del progetto da realizzare, però i principi alla base di ogni tecnica sono sempre gli stessi e possono identificarsi in regole generali che permettono di conseguire determinati obiettivi come:

  • la miglior utilizzazione dei mezzi tecnici e delle risorse;
  • il rispetto dei termini di consegna;
  • la tempestività nell’assegnazione del lavoro;
  • l’eliminazione dei tempi morti per le risorse interne di progettazione;
  • l’individuazione delle attività che condizionano la durata dell’intero progetto;
  • la minimizzazione del tempo di realizzazione;
  • il controllo dell’avanzamento del lavoro.

L’attività di programmazione, qualunque sia il metodo adoperato per svolgerlo razionalmente, inizia con la suddivisione dell’intero lavoro in attività elementari secondo tecniche consolidate come la creazione della WBS.

Ciò ha l’innegabile vantaggio di facilitare le previsioni e di conseguire quindi maggiore accuratezza nelle stesse, poiché è più facile trattare singolarmente piccoli problemi piuttosto che uno solo molto complesso. Quindi, per il conseguimento dell’obiettivo definito, che costituisce la prima fase delle attività del project management, vengono definite implicitamente le attività necessarie da realizzare per il conseguimento dello stesso: queste, una volta esplicitate e formalizzate, saranno caratterizzate da legami di precedenza le une con le altre, da durate (stimate, e quindi con distribuzioni statistiche associate ad esse, oppure deterministiche, magari per le quali si espliciti il legame funzionale fra durata e costi relativi), da una collocazione (allocazione) nel tempo, in dipendenza con i legami funzionali con le altre attività, dalla indicazione della tipologia e dell’ammontare delle risorse necessarie per l’esecuzione.

Creare una WBS (Work breakdown Structure) significa, quindi, scomporre il progetto in deliverable (oggetti da consegnare come risultati del progetto, tipicamente elaborati progettuali, documenti di analisi o moduli software) e quindi in fasi ed attività più piccole, che possono essere gestite più facilmente.

disegnaorganigrammaSi può anche definire, all’interno della WBS, il c.d. work package (WP), definito come il pacchetto elementare di attività da allocare ad una risorsa elementare. I WP non sono altro che risultati elementari dell’attività progettuale sui quali si può basare l’attività di monitoraggio, verifica e controllo in itinere del progetto.

Una buona scomposizione del progetto è molto utile per valutare i costi, infatti è assodato che se chiedo ad un gruppo di persone di pari capacità di stimare la durata di un progetto considerando una fase unica oppure scomponendolo in tante fasi più piccole valutate singolarmente ottengo risultati molto diversi. Nel primo caso (valutazione del progetto nella sua globalità) ottengo una stima più grossolana e spesso sottostimata dell’impegno che poi richiederà effettivamente il progetto, mentre nel secondo (stima dell’intero progetto come somma della valutazione di ogni singolo componente nel quale è stato scomposto il progetto) le stime convergono facilmente verso una valutazione più realistica.

Altro aspetto sottovalutato in fase di pianificazione è quello dell’assegnazione delle attività nelle quali è stato scomposto il progetto ai componenti del gruppo di lavoro. Spesso l’assegnazione delle risorse alle attività è svolta in modo approssimativo e non si tiene in debita considerazione l’impegno che altri progetti assorbono alle medesime risorse.

In un processo produttivo svolto da macchine è solitamente chiaro a chi programma la produzione il concetto di schedulazione a capacità finita: una macchina che produce tot pezzi all’ora, se lavora su più turni, anche per 24 ore, più di tanti pezzi alla settimana non può produrre! Viceversa chi pianifica le attività intellettuali su progetti spesso non stima correttamente il tempo necessario per svolgere le singole attività e, pertanto, si comporta come se le risorse umane abbiano una capacità infinita di tempo a disposizione. Di conseguenza i progetti sono in ritardo e le risorse sovra saturate rendono meno.

Altro processo critico è quello di monitoraggio e controllo del progetto: se il progetto è stato ben pianificato sarà più facile tenerlo sotto controllo e l’attività di monitoraggio più raramente rileverà scostamenti rispetto a quanto pianificato in termini di rispetto di tempi di calendario, impegni delle risorse, costi diretti e qualità dell’output della progettazione rispetto ai requisiti stabiliti.

Sulle design review (riesami della progettazione) non a caso è stata costruita una teoria affermatasi nel modello CMMI, nella metodologia Stage- Gate® ed in altri schemi. La tecnica delle Gate Review nelle quali obbligatoriamente l’esito è passa/non passa (GO/NO GO) è certamente molto coraggiosa perché impone di fermare il progetto se qualcosa di importante non è stato completato correttamente, ma fa risparmiare tempo successivamente, evitando i rifacimenti quasi certi.

Anche la definizione delle milestone corrette aiuta a mantenere il controllo del progetto ed a monitorarlo mediante indicatori precisi, inoltre aumenta la consapevolezza del team di progetto sugli obiettivi e sullo stato di avanzamento del progetto.

Nell’analisi e nell’osservazione delle caratteristiche inerenti la conduzione di progetti, sono osservate tutta una serie di fenomenologie:

  • il tempo fra l’avvio ed il completamento di un progetto tende a dilatarsi (legge di Parkinson sul comportamento gassoso);
  • l’impiego finanziario richiesto da un progetto cresce nel corso della realizzazione;
  • maggiore è il contesto tecnologico, maggiori sono i costi;
  • maggiore è la tecnologia, maggiore deve essere l’efficienza;
  • maggiore è la tecnologia, maggiore è il grado di specializzazione;
  • maggiore è la tecnologia, maggiori sono le risorse.

Quando c’è un ritardo nella realizzazione del progetto bisogna provvedere a recuperare il tempo perduto per giungere al completamento negli stessi tempi programmati. Se non si monitora costantemente l’avanzamento del progetto (utili a questo scopo sono le curve di progetto), queste azioni correttive potrebbero risultare tardive.

La definizione delle attività necessarie, della loro relazione reciproca, delle loro durate stimate, dei costi associati e/o risorse finanziarie o non finanziarie da impegnare, il conseguente impegno finanziario totale e la durata complessiva del progetto, possono essere effettuate e determinarsi sia in fase preventiva e previsionale (fase di definizione, pianificazione, organizzazione), sia ripetutamente durante lo svolgimento del progetto (controllo, revisione o ripianificazione), sia a consuntivo al termine dello stesso. Ciò al fine di misurare gli scostamenti in termini di attività realizzate con quelle pianificate, la loro durata, le risorse effettivamente impiegate con quelle previste, i costi effettivi con quelli programmati, la durata prevista complessiva realizzata con quella pianificata e così via.

La gestione del progetto deve considerare anche altri aspetti quali:

  • la gestione delle informazioni (documenti di input/output, dati sull’andamento del progetto, ecc.);
  • la gestione degli approvvigionamenti (servizi e materiali acquistati, se non ben pianificati, possono influenzare negativamente i tempi, la qualità ed i costi finali del progetto);
  • la gestione delle risorse umano e in generale del capitale umano, con tutte le problematiche connesse in termini di competenze possedute, competenze necessarie/richieste, relazioni gerarchiche, rapporti interpersonali, motivazioni, ecc.;
  • la gestione dei rischi di progetto.

Su quest’ultimo punto occorre ricordare che I rischi possono essere di varia natura:

  1. Rischi di conduzione del progetto: possibilità di non adempimento delle attività pianificate nei modi e tempi previsti.
  2. Rischi di qualità del risultato del progetto: possibilità di non adempimento del livello di qualità del prodotto previsto come risultato del progetto rispetto alle attese del cliente.
  3. Rischi di bontà dell’investimento: possibilità di non adempimento del livello di costi e benefici previsto, o per un innalzamento dei costi di realizzazione del progetto, o per una diminuzione dei benefici reali (economici, commerciali o di immagine) a fronte di quelli ipotizzati.

ProjectPlanningIn fin dei conti il project manager (PM) non è solo un tecnico con più esperienza degli altri e buone capacità relazionali che viene nominato “capo progetto”. Occorre possedere anche qualità gestionali, organizzative e tecniche di project management.

Un buon PM non conoscerà solo la scomposizione in WBS del progetto e la generazione del diagramma di Gantt, ma sarà in grado – magari attraverso l’utilizzo di appositi tool – di “vedere” il progetto sotto diversi punti di vista attraverso:

  • La generazione del Diagramma di PERT e l’individuazione del cammino critico (Critical Path Method);
  • L’ affiancare alla WBS la OBS (Organizational Breakdown Structure), che è una “dimensione” di scomposizione relativa alla struttura organizzativa interna del progetto, la quale permette di giungere, attraverso un processo di successive disaggregazioni delle unità organizzative individuate, all’identificazione dei singoli reparti funzionali e dei singoli componenti il team di progetto;
  • La determinazione del carico di lavoro delle risorse considerando le altre attività da svolgere estranee al progetto in questione;
  • La definizione ed il monitoraggio di appositi indicatori in grado di misurare l’avanzamento temporale e l’avanzamento fisico del progetto, nonché i costi consuntivati vs i costi preventivati (a budget).

Infine è opportuno menzionare l’importanza di gestire una consuntivazione delle ore di lavoro accurata e tempestiva al fine di controllare costi e ricavi del progetto sia dal punto di vista economico, sia da quello finanziario, per garantire un controllo di gestione efficace a livello dell’intera organizzazione.

PMBOK TenStep Italiano.pdf

 

CMMI for Development

 

 




La corretta ripartizione dei costi indiretti nelle imprese di costruzione

appaltipubbliciLe imprese di costruzione che realizzano opere edili o infrastrutturali per committenti pubblici o privati operano su commessa e pertanto necessitano di un controllo di gestione che permetta loro di tenere sotto controllo i costi delle diverse commesse a fronte dei ricavi delle stesse, stimati o concordati a priori con la committenza.

Oggi sia i lavori con committenza privata, sia – soprattutto – quelli pubblici, vengono acquisiti a prezzi molto ridotti, dunque un controllo dei costi corretto e preciso è indispensabile per cercare di mantenere un margine accettabile.

Mentre il calcolo dei costi diretti permette di monitorare l’efficienza della commessa, la ripartizione dei costi indiretti sulle varie commesse porta al calcolo del costo è pieno e quindi dell’utile di commessa ovvero della sua remuneratività.

Il controllo di gestione della commessa dell’impresa edile passa senz’altro attraverso una puntuale e scrupolosa consuntivazione dei costi diretti sui cantieri (materiali, manodopera, subappalti, ecc.), e su questo punto anche le piccole imprese hanno chiara consapevolezza (che poi lo applichino correttamente è un altro discorso). Viceversa la ripartizione dei costi indiretti sui cantieri è materia piuttosto oscura e spesso fonte di discussioni e punti di vista diversi.

Vediamo di affrontare il problema in modo rigoroso, partendo da un punto fondamentale: quali sono i costi indiretti? La prima risposta che sorge spontanea è «quelli che non sono costi diretti imputabili univocamente al cantiere».

Spesso le prime carenze di controllo dei costi nascono proprio da una non puntuale e precisa consuntivazione dei costi diretti, infatti se i materiali ed i subappalti sono generalmente imputati in modo preciso al cantiere/commessa di appartenenza, la consuntivazione delle ore del personale diretto sul cantiere è talvolta imprecisa. Ciò è dovuto principalmente al personale che lavora su più commesse e che non rendiconta in modo preciso la sua attività sul cantiere attraverso idonei rapporti di lavoro quando non è presente in cantiere, ma lavora per esso oppure fa tutt’altro: è il caso tipico dei Capi Cantiere, Responsabili o Direttori di Cantiere, Responsabili di Commessa, ecc. che operano normalmente su più commesse ed anche su attività per la struttura che dovrebbero essere classificate come costi indiretti.

Per la verità anche i materiali eventualmente non impiegati in cantiere, ma per esso acquistati, che ritornano in magazzino per essere utilizzati in altre circostanze richiederebbero una particolare attenzione dal punto di vista dell’imputazione dei costi.

Uno dei principali problemi nell’imputazione dei costi diretti di cantiere è generato dall’impiego di macchinari, strumenti ed attrezzature in cantiere. Talvolta la difficoltà di imputare i relativi costi ad un cantiere piuttosto che ad un altro, in caso di impiego molto dinamico della risorsa, porta a classificarli come costi indiretti, poi ripartiti secondo altri criteri ai vari cantieri. Si tratta invece di costi (diretti) che sono legati a fattori produttivi presenti nel cantiere, ma non effettivamente utilizzati.

Invece le ore di impiego di una risorsa presso un cantiere dovrebbero essere registrate in modo preciso ed addebitate al cantiere che ne beneficia, escludendo eventuali “tempi morti” legati al periodo durante il quale, ad esempio, una macchina operatrice resta parcheggiata presso un cantiere perché non ci sono altre commesse che la richiedono e non vale la pena farla rientrare in sede in previsione di un utilizzo su altro cantiere. Tale periodo di inoperatività dovrebbe infatti essere computato come costo indiretto.

Un’altra considerazione al riguardo sorge spontanea: quale costo orario viene considerato per suddette risorse? Vengono correttamente calcolati tutti i costi effettivi assorbiti dalla risorsa: costo di ammortamento fisico, costi di manutenzione, costi per materiali di consumo, costi per tarature nel caso di strumenti di misura,…?

Dopo aver correttamente imputato alla commessa tutti i costi diretti ed aver classificato e calcolato i costi “persi” come costi indiretti, occorre ripartire i costi indiretti sulle varie commesse che vedranno così calcolato non solo il costo primo (diretto) ed il relativo margine lordo di contribuzione, ma anche il costo pieno (in ottica full-costing) ed il relativo margine netto.

I metodi impiegati sono i più disparati: suddivisione equa per il numero di commesse, suddivisione in quota proporzionale al costo diretto, al ricavo/fatturato della singola commessa, alle ore di manodopera consuntivate, alla durata della commessa, ecc..

In realtà ogni metodo ha le sue giustificazioni razionali, ma, a seconda dei casi, ha anche le sue controindicazioni.

L’approccio scientificamente più corretto è invece quello di classificare i costi indiretti in varie categorie (costi di immagazzinamento, costi amministrativi, costi commerciali, ecc.) e ripartire ogni tipo di costo mediante un apposito driver specifico, coerente con tale voce.

I costi commerciali, ad esempio, potrebbero utilizzare come driver il fatturato/ricavi della commessa, ma se l’impresa opera sia sul mercato degli appalti privati, sia in quello degli appalti pubblici, è evidente che l’impegno per acquisire una commessa pubblica attraverso un bando di gara è decisamente superiore rispetto a quello profuso per preparare offerte a committenti privati. Se l’impresa ha due uffici distinti (ad es. ufficio gare ed ufficio commerciale clienti privati) per proporsi sul mercato sarà semplice attribuire i costi dell’ufficio gare alle commesse pubbliche e quello dell’ufficio commerciale alle commesse private, in proporzione ai ricavi medesimi. Viceversa occorrerebbe comunque imputare alle commesse pubbliche una quota parte dei costi commerciali indiretti maggiore, in base ad un criterio definito ed oggettivo. In questi casi sarebbe comunque meglio calcolare il tempo impiegato nella preparazione di ogni offerta – attraverso appositi consuntivi ore del personale – per poi imputare i relativi costi alla commessa che ne deriverà oppure, in caso di non aggiudicazione del lavoro, farli confluire nei costi indiretti commerciali.

I costi amministrativi potrebbero essere ripartiti nei cantieri attraverso driver quali fatturato, volume degli acquisti di materiali e subappalti, numero dei DDT ricevuti dal cantiere e così via; infatti l’impegno profuso dagli uffici amministrativi dipende dal numero di documenti contabili di acquisto e di vendita prodotti dal cantiere.

Gli oneri finanziari dovrebbero essere imputati al cantiere secondo competenza, in base al ricorso a risorse finanziarie della commessa (capitale investito), diversamente l’ammontare globale dei costi è un buon driver, eventualmente corretto dalla durata del cantiere (più tempo resta aperto il cantiere, maggiore sarà il ricorso a finanziamenti di capitale proprio o di terzi).

I costi di risorse tecniche quali macchinari, strumenti ed attrezzature per la quota parte non imputata direttamente al cantiere costituiscono i cosiddetti “costi persi” e potrebbero essere ripartiti in base al costo diretto della commessa oppure alla parte di costi diretti legata all’impiego delle stesse attrezzature.

Il lavoro indiretto, costituito dall’attività del personale tecnico di sede a supporto del cantiere (Direttore Tecnico, Responsabili della pianificazione delle risorse, computisti, ecc.) dovrebbe invece essere ripartito in base alle ore del personale diretto sul cantiere.

In questo modo ogni tipologia di costo indiretto avrà un suo proprio criterio di riparticione, che potrà essere specifico e diverso per ogni singola realtà aziendale in quanto dipenderà dal modo di operare dell’impresa stessa.




Rendere la gestione del sistema qualità più efficiente si può

Pile of File FoldersLa norma UNI EN ISO 9001, rivoluzionata nel 2000 e leggermente ritoccata nel 2008 si appresta ad essere nuovamente revisionata nell’edizione 2015, ma in nessuna di queste edizioni viene indicato come gestire al meglio il sistema di gestione per la qualità, ovvero come renderlo più efficiente. Ciò è ovvio perché la norma descrive requisiti di conformità e di efficacia, mentre l’efficienza dei processi e del sistema stesso è argomento di altre norme (ad es. UNI EN ISO 9004), non di certificazione.

È innegabile che molti hanno imputato al sistema qualità ISO 9001 la colpa di creare una sovrastruttura documentale alle attività dell’azienda, rallentandone così l’operatività ed incrementandone i costi di gestione. Da un lato, però, l’esistenza di un documento (ad es. una procedura o un documento di pianificazione) e la necessità di registrare un controllo o un’attività svolta porta sicuramente al miglioramento della qualità complessiva dei processi e dei prodotti, soprattutto nell’ottica di ridurre considerevolmente i rischi che si presentino eventi indesiderati. Dall’altro, viceversa, le modalità di gestione di documenti e registrazioni possono portare ad inefficienze nella gestione del sistema qualità stesso o, peggio ancora, dei processi e delle attività che si intende monitorare.

Per questo motivo è opportuno mantenere il sistema di gestione per la qualità costantemente aggiornato sia dal punto di vista normativo, sia dal punto di vista delle modalità di gestione  del sistema stesso. Sotto quest’ultimo aspetto occorre tener presente sia l’aderenza delle procedure e delle modalità operative di raccolta ed elaborazione delle registrazione ai processi reali, sia l’efficienza degli strumenti impiegati per attuare le procedure stesse.

Se un’azienda certificata ha applicato una modalità operativa per documentare e monitorare un determinato processo o attività, con il passare del tempo probabilmente questa attività o processo è mutata per vari motivi e gli strumenti sono diventati obsoleti o perlomeno ne esistono di più efficienti. Concentriamoci, in quest’articolo, su quest’ultimo aspetto: gli strumenti di gestione del sistema qualità.

I temi principali per coloro che devono riprogettare o mantenere aggiornato ed efficiente un sistema di gestione per la qualità sono certamente i seguenti:

  • Gestione dei documenti, dei dati e delle registrazioni;
  • Gestione delle risorse;
  • Gestione degli audit;
  • Gestione delle azioni correttive  preventive;
  • Gestione delle non conformità;
  • Misura della qualità e riesame del sistema da parte della direzione;
  • Comunicazione interna;
  • Monitoraggi e  controlli su processi e prodotti.

Naturalmente molte attività di gestione del sistema qualità trarrebbero immensi benefici in termini di efficacia ed efficienza dall’impiego di un prodotto software specifico per la gestione del sistema qualità, dalla gestione dei documenti di sistema, quali manuale e procedure, alla gestione degli audit. Ne esistono di vari tipi, alcuni abbracciano anche funzioni di controllo della qualità in produzione, altri permettono di gestire attività proprie solo della funzione qualità, alcuni sono applicativi web funzionanti da “qualsiasi postazione” tramite una connessione ad internet, altri sono  software stand-alone, oppure in rete client-server, gestibili dal responsabile qualità.

La scelta di un applicativo specifico, ovviamente, dipende dalle esigenze dell’azienda, dai programmi software preesistenti, dal budget disponibile, ecc..

Anche non volendo indirizzarsi verso programmi software specifici è però possibile ottenere notevoli miglioramenti e risparmi di risorse interne.

Gestione dei documenti, delle registrazioni e Comunicazione interna

La gestione di manuale, procedure e istruzioni di sistema può trarre grandi benefici dall’impiego di un vero e proprio sistema di gestione documentale informatizzato, in grado di tenere sotto controllo le revisioni dei documenti e la distribuzione degli stessi, ma anche applicazioni gestite attraverso una intranet o un sito web aziendale possono fungere allo scopo. Personalizzando siti web gestiti mediante Content Management System (CMS) anche gratuiti, quali WordPress, Joomla o altri, si possono ottenere ottimi risultati, non solo nella gestione dei documenti e registrazioni (manuale, procedure, verbali, prospetti,…), ma anche nella comunicazione interna relativa ai loro aggiornamenti e, quindi, nella partecipazione e formazione del personale relativamente al sistema qualità.

Online Stock TradingLa comunicazione aziendale tramite bacheche virtuali, blog e wiki aziendali o addirittura veri “social network aziendali” aiuta molto la condivisione degli obiettivi e dei risultati e la partecipazione dei dipendenti e dei collaboratori esterni alla vita del sistema qualità.

Tutto ciò può avvenire riducendo enormemente l’impiego di documenti cartacei, eliminando per quanto possibile le stampe e garantendo ugualmente le autorizzazioni e le approvazioni dei documenti attraverso i sistemi di autenticazione disponibili negli applicativi utilizzati, magari supportati da sistemi di firma digitale veri e propri.

Gestione delle risorse

La gestione di hardware e software aziendali, piuttosto che la manutenzione di macchine ed attrezzature o la taratura degli strumenti di misura può essere gestita con semplici database relazionali oppure con applicazioni specifiche reperibili sul web a costi molto contenuti se non nulli.

La gestione della formazione-addestramento del personale può anch’essa essere svolta più proficuamente – rispetto a modulistica cartacea o singoli file di Word stampati quando necessario – con database Access o piccole applicazioni web, eventualmente integrati con le altre funzioni di gestione della qualità. Anche la registrazione delle riunioni e degli eventi formativi interni può essere resa maggiormente efficace tramite tool appositi per la gestione delle riunioni, la gestione dei materiali didattici e via dicendo.

Gestione degli audit

Gli audit interni e quelli di terza ed eventualmente di seconda parte (del cliente) possono essere gestiti molto efficientemente attraverso database o micro-applicazioni che consentano di tener traccia anche dei follow-up, ovvero della gestione dei rilievi (correzione non conformità, azioni correttive  preventive).

AuditChecklistSe il numero di audit interni è significativo, se essi devono essere svolti anche presso “cantieri” o unità esterne, magari con l’impiego di check-list abbastanza strutturate, allora esistono applicazioni specifiche per la gestione degli audit in mobilità (tramite tablet, palmare o smartphone) dal costo ed impatto molto contenuti, che possono far risparmiare molto tempo nella raccolta delle evidenze sul campo e nella rielaborazione dei rapporti di audit.

Gestione delle non conformità

Il database delle non conformità di prodotto, processo e sistema, oltre che dei reclami del cliente, integrato con la gestione delle azioni correttive e preventive permette di velocizzare notevolmente il controllo ed il monitoraggio dell’efficacia di tutto il processo di gestione delle famigerate NC.

Inoltre piccole applicazioni database o software di analisi specifici (da Excel in su) possono permettere di individuare ed analizzare in modo molto efficace le cause di non conformità, i difetti più frequenti, i prodotti maggiormente difettosi, le lavorazioni più critiche, ecc., quindi elaborare analisi di Pareto, grafici, istogrammi e così via.

Gestione delle azioni correttive  preventive

Semplici database che consentano la gestione dell’intero ciclo di AC/AP, preferibilmente integrati con la gestione degli audit e con l’archivio delle non conformità possono agevolare molto il monitoraggio di tutte le azioni di miglioramento.

Lo sviluppo ed il controllo dell’avanzamento di AC e AP attraverso strumenti di comunicazione interna basati sul web – come visto in precedenza – porta notevoli benefici in termini di efficacia (miglior controllo dei risultati delle AC/AP e coinvolgimento dei responsabili della loro attuazione) ed efficienza (è necessario minor tempo per raccogliere informazioni e monitorare le AC/AP).

Misura della qualità e riesame del sistema da parte della direzione

RiunioneIl calcolo degli indicatori, la loro valutazione e la verbalizzazione del riesame della direzione possono anche esse trarre notevoli benefici attraverso software di elaborazione ed analisi dei dati come Excel e strumenti di collaborazione interna.

La misura della soddisfazione del cliente potrebbe essere svolta attraverso questionari on-line gestiti via internet con notevole risparmio di tempo sia da parte dell’organizzazione valutata sia dei clienti che, pertanto, sono maggiormente incentivati a fornire il proprio parere sulla qualità percepita.

Monitoraggi e  controlli su processi e prodotti

Ufficio discussioneLa raccolta dei dati sui controlli dei processi produttivi, dei prodotti e del processo di progettazione, di approvvigionamento e di gestione offerte può essere notevolmente snellita da sistemi informatizzati di raccolta dati in produzione (anche mediante l’impiego di tablet o altri dispositivi touchscreen, lettori di barcode, foto, video, …), sistemi di gestione documentali, strumenti di collaborazione per la gestione di progetti, riunioni, ecc..

In conclusione se la qualità “pesa” è possibile rendere più snella la sua gestione con strumenti adeguati senza diminuire le evidenze raccolte, anzi, rendere meno onerosa la registrazione delle attività può invogliare il personale a registrare quanto richiesto laddove prima si tralasciava il rispetto della procedura “per non perdere tempo”. Nel 2013 la compilazione di moduli cartacei non ha più senso salvo in determinate condizioni e neppure la gestione tramite file di Word di registrazioni di addestramenti, azioni correttive/preventive, non conformità. Questo non sarà l’auditor dell’Organismo di Certificazione a dirlo, che si accontenta di vedere la registrazione conforme alla norma, senza preoccuparsi dei mezzi impiegati per ottenerla.