La privacy in Farmacia e nell’ambulatorio medico privato

FarmacistaLa privacy dei privati cittadini utenti delle farmacie e dei piccoli ambulatori privati spesso è messa a repentaglio da una gestione non accurata delle regole stabilite dalla normativa al riguardo (D.Lgs 196/2003 – “Codice per la protezione dei dati personali”) e da tutte le buone pratiche di gestione della sicurezza delle informazioni.

I titolari di farmacie ed ambulatori medici polifunzionali sono di fatto legali rappresentanti di imprese che, seppur di piccole dimensioni, raccolgono e gestiscono dati personali sensibili (in particolare dati sanitari relativi alla salute delle persone) di una grande moltitudine di persone fisiche e, come tali, sono tenuti a rispondere di fronte alla legge di tali gestioni.

In questi ultimi anni si è passati da una gestione prevalentemente cartacea dei dati personali sensibili raccolti da queste organizzazioni, ad una gestione elettronica di molte informazioni che riguardano la sfera privata delle persone, ovvero i dati sanitari.

Se pensiamo ad una farmacia moderna possiamo trovare molti trattamenti di dati in formato digitale che solo pochi anni fa non erano presenti: si passa dal ben noto scontrino fiscale parlante (sul quale ha molto disquisito il Garante della Privacy), generato e poi gestito da un sistema informatico, alla ricetta elettronica di recente introduzione, passando per una serie di servizi che le farmacie hanno introdotto da pochi anni: intolleranze alimentari, analisi della pelle, gestione referti esami diagnostici, preparazione di diete, fidelity card, e-commerce, ecc.. Ma anche servizi meno recenti come le prenotazioni di esami tramite CUP ASL o la Dispensazione per Conto vengono gestiti dalle farmacie, attraverso appositi portali dedicati, per conto dei clienti.

Ognuno di questi trattamenti di dati presenta vulnerabilità intrinseche per la sicurezza delle informazioni trasmesse: credenziali di accesso non sufficientemente difficili da individuare, scarsa protezione dei PC e dei Server da attacchi esterni, inadeguata protezione dei medesimi elaboratori in caso di furto e via dicendo.

Come le piccole organizzazioni di altri settori industriali o dei servizi, anche le farmacie non sono dotate di personale esperto nella gestione della sicurezza dei sistemi informatici e spesso il coinvolgimento dei fornitori esterni specializzati non è così sistemato (soprattutto per motivi di costo) da poter garantire una protezione adeguata.

privacy-farmaciaD’altro canto dai computer delle farmacie transitano quantità di dati sensibili di gran linga superiori a quelle di altre piccole organizzazioni e costituiscono il canale di consultazione di archivi di prenotazione di esami diagnostici di un elevatissimo numero di pazienti. Da qui la necessità di proteggere i sistemi informatici delle farmacie, sia da un punto di vista logico, sia fisico, in modo molto più attento rispetto ad un normale PC aziendale.

Anche i piccoli ambulatori privati, che ospitano medici che eseguono visite specialistiche ed esami diagnostici, ultimamente hanno trovato grande beneficio dall’utilizzo delle nuove tecnologie, nonostante la ritrosia all’utilizzo del computer da parte di numerosi medici. Tutto ciò, però, comporta la necessità di proteggere adeguatamente i dati sensibili dei pazienti che transitano in formato digitale in reti locali poco protette. In tali organizzazioni spesso non è nemmeno chiaro chi è il titolare del trattamento dati – il medico che visita il paziente o il centro medico – ed a chi vengono eventualmente delegate le responsabilità per i trattamenti delegati ad altri.

In generale, nelle farmacie e nei piccoli centri medici, tutta la “parte informatica” è delegata a fornitori specializzati che talvolta non conoscono in modo preciso la normativa sulla privacy e sono negligenti nel sottoscrivere le proprie assunzioni di responsabilità a fronte delle attività eseguite; conseguentemente tutte le responsabilità ricadono sul titolare del trattamento, persona fisica o giuridica avente comunque un legale rappresentante, generalmente poco avvezzo a questioni informatiche.

Dal punto di vista normativo, poi, il passaggio da una normativa italiana – molto completa e severa per taluni aspetti, ma ormai obsoleta per quanto riguarda il disciplinare tecnico delle misure minime di sicurezza – ad un nuovo Regolamento Europeo in fase di approvazione, non fa che complicare le cose per le piccole organizzazioni che finora hanno avuto regole precise (password di almeno 8 caratteri variate ogni 3 mesi se si trattano dati sensibili, backup almeno ogni 7 giorni, aggiornamenti semestrali dei programmi software, assenza di idonee dichiarazioni di conformità dei fornitori, ecc.) con le quali confrontarsi. Il nuovo Regolamento, infatti, introdurrà la necessità di valutare i rischi che si corrono dal punto di vista della sicurezza dei dati personali e, conseguentemente, progettare il sistema di gestione della privacy in funzione delle reali esigenze di riservatezza, adottando misure di sicurezza adeguate (non solo “minime”).

Inoltre l’attuale versione del Regolamento Europeo sulla Privacy in approvazione contiene l’obbligo per i titolari di dati personali di dotarsi – entro determinate condizioni – di un “Privacy Officer”, ovvero di una persona, dotata di adeguate competenze in materia di privacy e sicurezza dei dati, responsabile per la gestione della privacy all’interno dell’organizzazione. Ma il limite attualmente stabilito per l’obbligo di nominare un Privacy Officer è legato al numero di dati personali gestiti (più di 5000 in un anno) che viene facilmente superato da una farmacia di medio volume di affari, ma non da numerose imprese industriali con oltre 50 dipendenti.

La ratio del nuovo Regolamento UE è evidentemente quella di garantire migliore protezione dove esistono maggiori rischi, sia per il numero di dati personali trattati, sia per la vulnerabilità dei sistemi.

Il cambio di mentalità di chi gestisce piccole organizzazioni nel settore sanitario non sarà facile, anche perché non ci saranno più regole precise da seguire per stare tranquilli, ma, oserei dire giustamente, il Regolamento Europeo ribalterà la responsabilità di progettare un sistema di gestione della privacy adeguato sulle spalle degli imprenditori. Molti di questi ultimi non saranno in grado di valutare in modo competente ed oggettivo quali misure adottare e dovranno fare attenzione a non credere alle “ricette preconfezionate” a basso costo che hanno già rovinato l’approccio alla privacy negli anni del ben noto DPS (Documento Programmatico sulla Sicurezza).

FarmacistaGià oggi il rischio di molte piccole organizzazioni del settore sanitario è quello di non essere conformi alla legislazione attuale sotto diversi aspetti (mancate nomine degli incaricati, mancanza di credenziali di autenticazione ai sistemi informatici adeguate e variate periodicamente, utilizzo troppo invasivo della videosorveglianza, archiviazione di dati privi di protezione, ecc.), figuriamoci domani se saranno i titolari del trattamento (ovvero i legali rappresentanti o direttori delle organizzazioni) a dover decidere quali misure di sicurezza sono adeguate! Il rischio concreto è quello di sottovalutare il problema privacy, come del resto è avvenuto dopo l’abolizione del DPS che non ha abolito tutti gli altri adempimenti!

Dimenticarsi di proteggere adeguatamente i dati personali dei propri clienti può comportare non solo sanzioni civili (e in alcuni casi anche reati penali) in caso di ispezione da parte del nucleo Privacy della Guardia di Finanza (oggi peraltro molto rare), ma anche, in caso di richiesta di risarcimento danni da parte dell’interessato i cui dati sensibili sono stati violati, ingenti perdite economiche. Talvolta, poi, la mancata diligenza del titolare del trattamento potrebbe portare anche al divieto di intraprendere relazioni commerciali con la Pubblica Amministrazione, riducendo o annullando di fatto la possibilità di operare.

Infine, oltre agli aspetti legati al rispetto della normativa cogente, esistono altri pericoli a cui è sottoposta una organizzazioni che gestisce in modo inconsapevole la sicurezza dei dati, ad esempio la perdita di dati e l’indisponibilità di risorse per garantire la continuità del servizio al cliente e, quindi, perdite economiche più o meno rilevanti in funzione della gravità dell’evento.




Le novità sulla privacy passate e future

ecsnzu1q[1]Dall’introduzione del D.lgs 196/2003, noto come Codice sulla Privacy, sono state introdotte e modificate numerose norme nel settore della protezione dei dati personali e non. Anche il Codice Civile ed il Codice Penale hanno visto numerosi aggiornamenti, per così dire “tecnologici”, relativi a comportamenti illeciti e reati perpetrati attraverso gli strumenti informatici e soprattutto via internet.

La legge sulla privacy da un lato si è dovuta adeguare alle nuove situazioni legate alla pubblicazione di altre normative legate al trattamento dei dati personali, dall’altro ha visto, nel giro di pochi mesi, ridursi gli adempimenti delle organizzazioni relativamente alla gestione dei dati personali relativi a persone giuridiche, ai trattamenti per fini amministrativo-contabili ed al decaduto obbligo di redazione ed aggiornamento  del Documento Programmatico sulla Sicurezza (DPS).

Se escludiamo provvedimenti nati per settori specifici (data breach in ambito telco, tracciabilità degli accessi ai dati bancari ), in attesa del nuovo Regolamento UE sulla privacy che verrà emesso il prossimo anno  a livello di Comunità Europea, gli adempimenti obbligatori per le aziende non sono certo aumentati, anche  il rischio D.Lgs 231 che incombeva su molte organizzazioni, relativo all’introduzione dei reati sulla privacy (trattamento illecito di dati personali), è stato evitato. Infatti quanto previsto dal Decreto Legge n. 93/2013 è stato convertito in Legge  eliminando la norma sull’inclusione dei reati privacy nell’elenco dei reati della 231 (la norma prevista dal D.L. 93/2013 non è stata convertita dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119 in vigore dal 16 ottobre: il comma 2 dell’articolo 9 del DL 93/2013 è stato soppresso dalla legge di conversione 119/2013; le disposizioni prevedevano l’ingresso tra i “reati presupposto” inclusi nel D.lgs 231/2001 anche dei delitti in materia di privacym non le contravvenzioni, tra cui il trattamento illecito dei dati e le false comunicazioni al Garante).

Da ormai 10 anni a questa parte l’applicazione del codice per la protezione dei dati personali è stata vista dalle varie organizzazioni per lo più come un’incombenza burocratica, che toglie tempo e risorse alle attività cosiddette “produttive”. L’unico motivo per cui applicare le misure minime di sicurezza, fornire l’informativa, nominare gli incaricati ed i responsabili del trattamento per molti imprenditori è stato quello di “essere in regola” ed evitare le possibili sanzioni legate al mancato rispetto per la privacy.

La crisi economica e la necessità, o volontà, per molte organizzazioni di ridurre i costi di struttura ha portato a distogliere risorse dalla compliance privacy: tagli ai costi per consulenze e servizi di assistenza informatica collegati (ad es. Amministratore di Sistema), meno tempo dedicato ad osservare gli adempimenti previsti, meno formazione del personale, ecc..

Del resto il rischio per l’organizzazione di subire impatti negativi (sanzioni, richieste di risarcimento danni, ecc.) dalla mancata applicazione rigorosa del Codice della Privacy si è via via ridotto a qualche ipotetica ispezione del famoso “Nucleo Privacy della Guardia di Finanza” oppure a denunzie di interessati i quali ritengono che i propri dati personali sono stati trattati in modo illecito.

Occorre anche sottolineare che le “misure minime di sicurezza” delineate dal Garante nella prima versione del D.Lgs 196/2003, nell’allegato B, non sono certo misure adeguate nel 2013 (si pensi all’aggiornamento dell’anti-malware con cadenza semestrale).

Fortunatamente chi ha applicato le misure di sicurezza le ha attuate in modo sostanzialmente corretto (ad es. ogni antivirus prevede un aggiornamento almeno settimanale dei database dei virus), anche se non è raro vedere suite di sicurezza software non configurate in modo adeguato, procedure di backup poco sicure, autenticazioni con password deboli e così via.

Per quanto riguarda il futuro prossimo, il nuovo Regolamento UE sarà legge immediatamente in ogni Stato della Comunità Europea ed avrà un significativo impatto sul Codice della Privacy attualmente in vigore in Italia, in quanto le regole sulla protezione dei dati personali dovranno essere necessariamente le stesse in tutti gli Stati membri.

Alcune norme del suddetto Regolamento potranno essere abbastanza pesanti per imprese ed enti, anche se la versione attualmente in discussione non è ancora definitiva.

Vediamo alcune situazioni esemplificative:

  • Viene richiesto maggior dettaglio nell’informativa al trattamento di dati personali (ad esempio l’indicazione del periodo di conservazione dei dati per ogni tipo di trattamento, possibilità di trasferire i dati ad un Paese terzo) ed alla richiesta di consenso (ogni consenso al trattamento deve essere distinguibile da altri tipi di consenso).
  • L’esecuzione dei trattamenti su commissione (ovvero l’outsourcing, ad es. per il servizio paghe) deve essere disciplinata da un contratto o altro atto giuridico scritto che vincoli il titolare del trattamento al responsabile esterno del trattamento (si precisa che nella dizione originale del regolamento si parla di “incaricato del trattamento” al posto di r”responsabile” e “responsabile del trattamento” al posto di “titolare del trattamento”, secondo la dizione italiana vigente).
  • Il responsabile esterno al trattamento dei dati personali che tratta i dati conferitigli diversamente dalle istruzioni impartitegli dal titolare diviene titolare egli stesso del trattamento con le conseguenti responsabilità giuridiche.
  • Dovranno essere attuati adempimenti molto dettagliati sulla documentazione da conservare relativa ai trattamenti di dati personali, sia per il titolare che per il responsabile del trattamento (non è una documentazione come quella contenuta nel DPS ma si avvicina molto ad esso).
  • Le misure di sicurezza adottate dovranno essere appropriate ai rischi che incombono sui dati ed alla natura dei dati trattati; è peraltro richiesta una valutazione dei rischi.
  • L’obbligo di comunicazione, sempre,  all’Autorità di Controllo (Garante Privacy in Italia) ed agli interessati, quando richiesto, di violazioni di dati personali (data breach) incombe su tutti i titolari e responsabili di trattamento e per tutti i tipi di trattamento.
  • È richiesta una valutazione dell’impatto del trattamento sulla protezione dei dati personali in caso di trattamenti particolari su cui incombono rischi specifici.
  • C’è l’obbligo di nomina di un responsabile della protezione dei dati (con un profilo professionale abbastanza definito) per imprese che trattino dati di almeno 500 interessati (in certi settori B2C praticamente tutte le organizzazioni) ed in caso di profilazione dei dati; tale responsabile avrà il compito di garantire il rispetto di requisiti normativi specifici.

Infine il Regolamento fissa le sanzioni amministrative previste, ma non quelle penali la cui definizione è riservata agli Stati membri.

Altri provvedimenti recenti del Garante della Privacy hanno riguardato lo spam, o meglio le comunicazioni commerciali con finalità di marketing che possono essere indesiderate da chi le riceve e la privacy nel Condominio (che aggiunge nuovi adempimenti per gli Amministratori di Condominio che sono stati recentemente interessati alla Riforma del Condominio).

Infine occorre portare particolare attenzione all’ambito videosorveglianza e controllo dei lavoratori, che, sebbene la normativa non sia sostanzialmente cambiata (vedasi art. 4 dello Statuto dei Lavoratori), grazie alla diffusione di nuovi strumenti elettronici (sistemi di sorveglianza sempre più evoluti gestiti da software accessibili anche dal web, internet content filtering, sistemi di controllo accessi anche con caratteristiche biometriche quali impronte digitali, log di accessi ai sistemi informatici, ecc.), vede la casistica di possibili violazioni molto più estesa che in passato ed è opportuno consultare le sentenze passate in giudicato per dirimere questioni sempre più complesse. In particolare il giusto equilibrio fra difesa dei diritti dei lavoratori a non essere controllati ed i cosiddetti “controlli difensivi” va comunque valutato di caso in caso, anche in funzione dei possibili illeciti o reati che si vuole prevenire o scoprire.

Linee guida in materia di attività promozionale e contrasto allo spam – 4 luglio 2013 [2542348]

Vademecum – Il condominio e la privacy – versione pagina singola

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