Opportunità per le imprese con il Piano Industria 4.0

In questi mesi si sente parlare molto delle agevolazioni fiscali per le imprese relative al Piano Industry 4.0, promosso già dal Governo Renzi in autunno 2016. Cerchiamo, in questo articolo, di capire meglio quali sono le reali opportunità per le imprese ed i vincoli che la Legge pone per usufruire degli incentivi, anche per capire in quali situazioni conviene realmente investire in questa direzione, al fine di non trovarsi brutte sorprese ad investimenti effettuati.

Il focus del Piano Industria 4.0 è il settore manifatturiero, esso punta alla digitalizzazione delle imprese produttrici, anche se non sono completamente escluse le aziende di servizi. Il fine del Governo è quello di incrementare gli investimenti nelle imprese, che al momento latitano e vedono il nostro Paese indietro rispetto al resto d’Europa. La carenza di investimenti è molto probabilmente la principale causa della crescita bassa (in termini di “zero virgola”…) dell’Industria del nostro Paese, soprattutto se paragonata agli altri Paesi industrializzati dell’Europa.

Perché Industria 4.0? La prima rivoluzione industriale è avvenuta alla fine del 18° secolo con l’introduzione di potenza vapore per il funzionamento degli stabilimenti produttivi, la seconda rivoluzione industriale si colloca all’inizio del 20° secolo con l’introduzione dell’elettricità, dei prodotti chimici e del petrolio; la terza rivoluzione industriale è iniziata all’inizio degli anni ’70 con l’utilizzo dell’elettronica e dell’IT per automatizzare ulteriormente la produzione (robot industriali e computer). Ora, invece, nella quarta rivoluzione industriale, il concetto fondamentale è la connessione con un sistema di raccolta e gestione dei dati, collegamento a internet, IoT o Internet delle Cose (utilizzo di macchine intelligenti, interconnesse e collegate ad internet) ed altro ancora.

L’elemento caratterizzante del piano di incentivazione, dunque, è la connessione, fra diversi dispositivi (macchina-elaboratore, macchina-macchina, macchina-internet, macchina-dispositivo mobile, ecc.).

Le tecnologie coinvolte nel piano Industry 4.0 sono le seguenti:

  1. Advanced Manufacturing Solutions (Robot collaborativi interconnessi e rapidamente programmabili).
  2. Additive manufacturing (Stampanti in 3D connesse a software di sviluppo digitali).
  3. Augmented Reality (Realtà aumentata a supporto dei processi produttivi).
  4. Simulation (Simulazione tra macchine interconnesse per ottimizzare i processi).
  5. Horizontal/Vertical Integration (Integrazione informazioni lungo la catena del valore dal fornitore al consumatore).
  6. Industrial Internet (Comunicazione multidirezionale tra processi produttivi e prodotti)
  7. Cloud (Gestione di elevate quantità di dati su sistemi aperti).
  8. Cyber- security (Sicurezza durante le operazioni in rete e su sistemi aperti).
  9. Big Data and Analytics (Analisi di un’ampia base dati per ottimizzare prodotti e processi produttivi).

Evidentemente l’elenco è disomogeneo, ma in ogni caso indica alle imprese quali sono le tecnologie abilitanti per usufruire delle agevolazioni.

Fra le voci più significative vi è l’integrazione orizzontale e verticale.

L’integrazione verticale va dall’acquisizione di dati a livello produttivo, attraverso sensori, all’elaborazione dati tramite software gestionali: è l’integrazione che parte dal MES (Manufacturing Execution System) al sistema di Controllo di Gestione.

Sono diverse le soluzioni di integrazione orizzontale, ad esempio possono passare attraverso la connessione con il fornitore per migliorare la supply chain comprendendo soluzioni per la collaborazione, il planning, l’order management, il tracking per la logistica, il data analytics e molto altro ancora.

Nel piano Industria 4.0 le principali incognite per le imprese possono essere così riepilogate:

  • il rapporto costi/benefici dell’intervento;
  • la mancanza di competenze digitali interne;
  • la portata degli investimenti, che comunque rappresentano un costo che, ricordiamolo, viene finanziato solo se l’impresa è in utile;
  • la carenza di standard digitali;
  • l’incertezza sulla sicurezza dei dati (ad esempio nel caso della connessione attraverso Internet of Things e il Cloud Computing).

Su quest’ultimo punto il Piano Industria 4.0 ha pensato di introdurre il capitolo della Sicurezza delle Informazioni, anche relativamente ai dati gestiti in ambito IoT.

Per capire meglio il significato e la portata di tali incognite occorre precisare che – per chi ancora non lo sapesse – le agevolazioni sono costituite dall’iper-ammortamento (250% del valore del bene) e dal super-ammortamento (140% del valore del bene), che si applicano, nel primo caso, ai beni materiali acquistati, nel secondo anche ai beni immateriali.

L’elenco dei beni materiali e immateriali a cui è applicabile il super e iper ammortamento è stato ufficialmente pubblicato dal Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) ed è scaricabile in allegato al presente articolo insieme alle linee guida del MISE stesso per l’applicazione delle agevolazioni.

Occorre precisare che per rientrare nel Piano Industria 4.0 ed usufruire degli incentivi occorre acquisire almeno un bene materiale rientrante nell’elenco, ovvero acquisire strumentazione atta a trasformare un’apparecchiatura/macchina preesistente in un “bene Industria 4.0” (caso del revamping di macchinari). In altre parole per poter usufruire del super ammortamento per l’acquisto di un bene immateriale, ad esempio un software, rientrante nelle categorie previste dalla Legge, occorre che il soggetto beneficiario del finanziamento acquisti anche un bene materiale; non è richiesto il collegamento fra bene materiale e beni immateriali acquistati per usufruire dell’agevolazione! Ad esempio, al limite un’impresa potrebbe acquistare un sistema di sensori per acquisire dati da una macchina produttiva (ad esempio temperature da un forno) ed applicare il super ammortamento all’acquisto di un sistema MES o big data analytics che non trattano i dati rilevati dalla macchina 4.0.

Tra i vincoli per poter usufruire dell’agevolazione vi è che l’investimento deve avvenire entro il 31/12/2017, con almeno un ordine ed un anticipo del 20% pagato entro il 31/12/2017 e con consegna del bene entro 30/06/2018. La perizia giurata di un ingegnere iscritto all’Albo o di un perito industriale  è necessaria per investimenti superiori a 500.000 € per il singolo bene, negli altri casi è sufficiente una autodichiarazione del Legale Rappresentante dell’impresa.

È evidente che il fattore tempo gioca un ruolo fondamentale nella decisione ed effettuazione di investimenti che, soprattutto nel caso di PMI, normalmente richiedono una valutazione abbastanza lunga ed incerta. Visto poi che la Legge non è di chiarissima interpretazione (si attende in questo mese una Circolare interpretativa dell’Agenzia delle Entrate su molti aspetti ambigui), alcune imprese rischiano di effettuare investimenti che poi non risulteranno ammissibili, magari trascinati dalle indicazioni di venditori di macchine e apparecchiature. Al proposito va ricordato che l’autodichiarazione del Legale Rappresentante ha risvolti penali in caso di non ammissibilità del bene; dunque esiste la concreta possibilità che molte aziende richiedano comunque la perizia giurata di un ingegnere abilitato per garantire il vertice aziendale contro brutte sorprese (costo non iper-ammortizzabile e dichiarazione mendace). Buona prassi sarebbe rivolgersi, prima di effettuare l’investimento, ad un consulente che possa indirizzare l’azienda ed il management non competente nelle tecnologie da acquisire e verso investimenti che, non solo siano ammissibili agli incentivi Industria 4.0, ma che risultino realmente utili per l’azienda nel medio-lungo periodo.

Fra i principali fattori inibitori nell’adottare le tecnologie incluse nel piano Industria 4.0 vi è sicuramente la scarsa cultura digitale delle PMI italiane e una mancanza di leadership digitale del management della PMI stessa.

Tra i processi che potrebbero trarre maggior vantaggio dall’implementazione di misure Industry 4.0 spiccano sicuramente le tematiche di pianificazione, schedulazione e controllo avanzamento della produzione e lo sviluppo  del prodotto/industrializzazione.

Il Piano Industria 4.0 è un percorso di trasformazione, non solo tecnologico, ma anche organizzativo e gestionale. Il fine dell’impresa deve essere l’incremento del valore per il cliente, anche attraverso il miglioramento dell’efficienza aziendale, la fornitura di soluzioni innovative, la proposta di servizi innovativi e migliorativi rispetto allo standard.

Per iniziare un progetto di Industria 4.0  è importante effettuare una valutazione iniziale finalizzata all’obiettivo Industry 4.0 per capire di cosa l’azienda realmente bisogno, quali sono gli elementi di possibile miglioramento e le opportunità da poter cogliere, ma anche dei rischi connessi agli investimenti.

Si ribadisce che i benefici per beni materiali e immateriali devono essere connessi attraverso il soggetto beneficiario, non direttamente fra gli asset fisici e immateriali, ma chiaramente un piano Industry 4.0 coerente dovrà prendere in considerazione l’interconnessione fra gli uni e gli altri, solo così facendo si otterrà il massimo nel miglioramento dell’efficienza dei processi aziendali.

Si ricorda che il software deve essere incluso nell’allegato B per poter rientrare nell’incentivo, mentre per i software c.d. “embedded” prevale il riferimento al bene iper-ammortizzabile nel quale è contenuto. Tale bene deve appartenere ai beni dell’allegato A alla Legge.

Infine non è ancora chiaro quali costi accessori (consulenza finalizzata all’utilizzo del bene) siano iper e super ammortizzabili, al proposito si attende la Circolare di chiarimento dell’Agenzia delle Entrate.

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Abbattere i costi fissi o ridurre realmente tutti costi?

Businessman Using Laptop in Waiting RoomOggi molte organizzazioni stanno perseguendo sfrenatamente la riduzione dei costi fissi e di struttura senza preoccuparsi della redditività e della competitività attuale – e soprattutto futura – dell’impresa.

Ridurre i costi fissi, o meglio abbatterli, spesso significa tagliare i costi, ovvero cercare di spendere molto meno o non spendere affatto per determinate voci di spesa.

La spinta viene non solo dalla riduzione degli ordini e dei contratti, in valore piuttosto che in numero, ma soprattutto dalla scarsa liquidità e disponibilità finanziaria, che non consente di onorare nei tempi previsti tutti i pagamenti.

L’equazione che regge tutti gli equilibri è semplice

Margine Operativo Netto (Guadagno dell’impresa) = (Ricavi – Costi variabili) – Costi fissi.

Al ridursi dei Ricavi e – in misura proporzionale dei Costi Variabili – si riduce la differenza, indicata volutamente fra parentesi (anche se algebricamente inutili) al fine di evidenziarla. Tale differenza, nota come Margine Operativo Lordo (M.O.L.) è il motore di tutta l’impresa, il carburante che le permette di svilupparsi e, talvolta, di sopravvivere.

Evidentemente al ridursi del M.O.L. occorre contenere i costi fissi o di struttura se si vuole mantenere l’azienda in utile o perlomeno in pareggio.

Il problema è che la ricerca dissennata della riduzione dei costi fissi, attraverso l’eliminazione di servizi indispensabili alla crescita ed allo sviluppo dell’impresa, non fa altro che incrementare l’inefficienza dei processi e, quindi, alzare i costi variabili, riducendo conseguentemente il MOL.

RiunioneQuello che capita sovente, infatti, è l’eliminazione o la riduzione di quei costi che sono associati alla formazione del personale, all’Information Technology, alle consulenze organizzative ed a tutti quei servizi finalizzati a cercare di “fare le cose meglio ed in meno tempo”. È evidente che la riduzione o l’eliminazione di questi servizi comporta non solo la fisiologica incapacità di migliorare l’efficienza dei processi, ma anche l’insoddisfazione delle risorse umane (interne ed esterne, quali collaboratori a contratto e consulenti) con conseguente ulteriore peggioramento dell’efficienza dei processi, primari e secondari, in quanto il personale poco motivato notoriamente rende meno.

Se il MOL (quello vero, non necessariamente quello del bilancio d’esercizio, spesso troppo vincolato a logiche contabili e fiscali e, quindi, poco realistico) è ridotto, allora occorre cercare di aumentarlo migliorando l’efficienza dei processi, magari anche incrementando temporaneamente i costi fissi con investimenti mirati sul medio-lungo periodo, finalizzati anche ad aumentare i ricavi. Su quest’ultimo obiettivo è bene precisare un aspetto importante: aumentare i ricavi cercando di ridurre i prezzi (e quindi i margini), insieme al taglio dissennato dei costi fissi, può provocare un effetto estremamente pericoloso: ridurre la qualità del prodotto e del servizio e, conseguentemente, rischiare di perdere i clienti.

Viceversa l’incremento dei ricavi si può cercare di ottenere migliorando la qualità di prodotti e servizi, attraverso gli investimenti sul miglioramento dei processi di cui si diceva poco sopra.

La crisi ha portato alla scomparsa di molte imprese per cui, anche se le opportunità del mercato si sono ridotte, i competitor non sono necessariamente aumentati ed occorre puntare anche al mercato estero, se possibile, ove la qualità è strettamente legata alla competitività.

La direzione, i manager e soprattutto i controller, quindi, dovrebbero maggiormente focalizzarsi sulla parte economica della gestione, sebbene non possano ignorare quella finanziaria.

Oggi, però, le direzioni delle aziende, soprattutto le amministrazioni delle piccole imprese, hanno spesso in mente solo la liquidità disponibile per sopperire alle esigenze correnti e future. Purtroppo spendono troppo tempo a cercare di barcamenarsi fra pagamenti ed incassi reali o presunti.

Spesso la pianificazione del cash-flow è alquanto difficoltosa: dati presunti, forse neanche probabili, vengono considerati come quasi certi…ed ecco che salta il banco: non vengono pagati regolarmente i fornitori, talvolta anche i dipendenti, la banca chiede di rientrare, ecc.

Ecco che il Controller (interno o esterno che sia) dovrebbe focalizzarsi sui risultati economici, sui margini reali e sulla redditività presente e futura dell’impresa, per il bene della stessa. Perché se la redditività c’è (ovvero se il MOL è discreto) i problemi finanziari si possono risolvere e, forse, qualcuno darà credito all’impresa se vede un’azienda sana che guadagna.

Viceversa distogliere l’attenzione e le risorse dai dati economici, impegnare risorse eccessive sugli aspetti finanziari e, soprattutto, privilegiare questi aspetti sopra ogni altro, genera inefficienza fa perdere redditività.

Un’azienda che non guadagna, o guadagna troppo poco, ha margini ridottissimi (guardiamo ROI, MOL, EBITDA se i bilanci sono realistici, oppure gli indicatori economici e di misurazione delle performance dei processi) ed è destinata ad una brutta fine, anche perché nessuno – giustamente – vorrà darle credito.