Il controllo di gestione in outsourcing anche per la piccola impresa

img20131Oggi anche le piccole e medie imprese di organico inferiore alle 100 unità e fatturato inferiore ai 20 milioni di euro necessitano di un controllo di gestione accurato, per restare competitivi in un mercato che offre meno opportunità rispetto al passato e richiede una grande dinamicità e flessibilità nel soddisfare le esigenze del cliente, attraverso nuovi prodotti, modifiche a prodotti esistenti, riduzione dei lotti di produzione ed anche riduzione dei prezzi e, conseguentemente, dei costi di produzione.Se le imprese di oltre 50 dipendenti possono permettersi almeno una risorsa qualificata (o da formare in breve tempo) sul controllo di gestione, le organizzazioni più piccole raramente dispongono di risorse adeguate per implementare il controllo minimo necessario a soddisfare le esigenze di informazione per condurre l’impresa verso gli obiettivi che la direzione si è posta. Talvolta è proprio l’organizzazione interna, dal servizio amministrativo, alla rilevazione dei tempi e dei costi di produzione o del servizio, che non è idonea a rilevare i dati necessari per attuare un adeguato controllo sulla gestione economica e finanziaria. Così gli stessi consulenti esterni sugli aspetti fiscali – che in taluni casi potrebbero supportare l’azienda ad implementare un controllo di gestione minimale – non riescono a supportare la direzione nelle decisioni da prendere quotidianamente.

La soluzione, probabilmente l’unica per motivi di costo e competenze, potrebbe essere quella di affidare in outsourcing il controllo di gestione, supportando i fornitori esterni della consulenza con dati forniti tempestivamente con una certa frequenza e con il giusto grado di accuratezza.

Ma cosa significa implementare il controllo di gestione in una piccola impresa? Nella sua accezione classica il controllo di gestione comprende alcune pratiche la cui attuazione permette alla direzione di controllare la gestione aziendale attraverso una serie di informazioni ed indicatori. Da qui, soprattutto per le PMI, derivano diverse strade ed approcci per introdurre un controllo di gestione basilare, basato su attività abbastanza semplici (per chi le conosce), in grado di fornire le informazioni che servono alla direzione.

Soprattutto per queste piccole organizzazioni le esigenze di controllo sono molto diversificate: c’è chi necessita del calcolo del costo del proprio prodotto o servizio per formulare offerte più mirate, c’è chi potrebbe trarre giovamento dal calcolo di alcuni indici di bilancio per capire se e quanto la conduzione aziendale è corretta, c’è chi non può aspettare i dati di bilancio e necessita di un conto economico gestionale aggiornato trimestralmente o mensilmente, magari da confrontare con il budget, per capire se l’azienda sta guadagnando e quanto, c’è chi necessita solamente di tenere sotto controllo tutti i costi (management costing), altri, infine, necessitano di una gestione finanziaria in grado di tenere sotto controllo il cash-flow per soddisfare i fabbisogni di risorse finanziarie per tempo.

Il controllo di gestione può essere adottato in modo parziale, ma accurato, oppure per gradi e piccoli passi, utilizzando diverse tecniche per il calcolo del costo del prodotto (full-costing, direct-costing, activity based costing).

Sicuramente l’introduzione di solo alcune attività afferenti alla disciplina del controllo di gestione può fornire utili ritorni di informazione per migliorare la competitività dell’impresa, a differenza di altri sistemi manageriali e metodi di gestione che forniscono risultati tangibili solo se applicati in modo completo (ad esempio il sistema di gestione per la qualità ISO 9001 se non è attuato in modo completo e certificato potrebbe non fornire risultati apprezzabili).

Ogni realtà, quindi, necessita di un esame attento e competente per valutare quali tecniche di controllo di gestione possono essere implementate con efficacia ed efficienza, sottolineando quest’ultimo aspetto, ovvero quali risorse bisogna mettere in campo per ottenere risultati apprezzabili.

Come anticipato, l’implementazione del controllo di gestione non è (o forse non è più, almeno nella PMI) un qualcosa di standard: mentre per ottenere la certificazione ISO 9001 occorre affrontare tutti i punti della norma (una volta erano i “famosi 20 punti” ora ci sono i processi da individuare…), per introdurre il controllo di gestione in una piccola impresa può essere utile implementare una sola tecnica per ottenere grandi benefici. Per fare ciò occorre, però, capire bene l’organizzazione ed i suoi processi ed ascoltare le esigenze della direzione per poi focalizzarsi su quello che serve: calcolo del costo del prodotti piuttosto che gestione economico-finanziaria, controllo dei costi oppure conto economico gestionale, ecc..

Come tutti i “sistemi”, anche un buon sistema informativo di controllo di gestione, ovviamente basato su un’applicazione informatica (pacchetto software specifico, fogli Excel, database Access,…) e flussi informativi  ben progettati, può fornire risultati fuorvianti se i dati in input sono errati (gli anglofoni dicono «garbage in, garbage out»). È dunque necessario formare il personale aziendale che raccoglie i dati di base per insegnar loro a raccogliere dati coerenti per il controllo (ad esempio comprendendo che i dati utili al controllo vanno classificati non per natura, come richiede la contabilità generale, ma per destinazione). Tali dati possono poi essere elaborati esternamente – in outsourcing – da sistemi informativi appositamente predisposti e, quindi, esaminati e commentati per la direzione da consulenti esterni in grado di tenere sotto controllo gli indicatori importanti e fornire alla direzione le indicazioni fondamentali per intervenire con eventuali azioni correttive finalizzate al miglioramento della conduzione aziendale.

Il reporting periodico alla direzione, risultato dell’elaborazione dei dati raccolti dall’impresa stessa e vero valore aggiunto della consulenza, permette al vertice aziendale di prendere le decisioni giuste sulle problematiche affrontate dall’attività di controllo, in funzione di quelle che erano le esigenze iniziali della direzione.

Naturalmente col passare del tempo il personale, da quello operativo ai responsabili aziendali, acquisisce sempre più padronanza della materia e può maturare nuove esigenze, che porteranno ad estendere le tecniche di controllo di gestione implementate al fine di migliorare ulteriormente la competitività aziendale anticipando le decisioni giuste per guidare l’impresa.

Un ulteriore vantaggio del controllo di gestione può essere costituito dal miglioramento degli indicatori aziendali utili per il rating dell’impresa nei confronti degli istituti di credito che devono erogare i finanziamenti necessari per alimentare il motore dell’impresa. Anche sotto questo aspetto un conto è richiedere finanziamenti alle banche quando si presenta la necessità urgente di liquidità anche solo per effettuare gli acquisti indispensabili, un altro è poter programmare le richieste di finanziamento con anticipo perché si è in grado di prevedere i fabbisogni di liquidità in modo pianificato.

Ovviamente per molte piccole imprese il costo per implementare il controllo di gestione (costo della consulenza, impegno delle risorse interne, ecc.) rappresenta uno scoglio quasi insormontabile in un momento nel quale ogni spesa non strettamente necessaria per sopravvivere viene soppressa. Bisogna però pensare a quali opportunità si perde ed a quanto tempo viene spesso impiegato nella gestione della consuntivazione dei costi di prodotti e servizi o nella gestione finanziaria (oggi più che mai necessaria in un mercato di ritardati pagamenti) con strumenti (generalmente fogli Excel) inadeguati che spesso, a fronte di sforzi considerevoli per gestirli, forniscono risultati poco precisi.




I Key performance indicator

Una delle cause della bassa competitività di alcune aziende italiane è la scarsa propensione a misurare le prestazioni dei processi da parte del management. Questo per svariati motivi: interessi personali o di parte, ignoranza, incapacità, mancanza di tempo,…

Molti imprenditori e manager italiani non conoscono alcuni semplici indicatori di performance della propria azienda, se non i principali indici economico-finanziari. Perché accontentarsi di sapere come è andata la gestione quest’anno senza cercare di capire quali potranno essere i risultati futuri?Se vogliamo però sapere se la nostra organizzazione è realmente efficace nel soddisfare le esigenze del mercato, efficiente nell’utilizzo delle risorse, se il personale che vi opera è adeguato a svolgere il proprio ruolo, se è motivato per dare il massimo, se i sistemi informatici sono utilizzati nel modo giusto… allora dobbiamo misurare i nostri prodotti, i nostri processi, le nostre prestazioni attraverso un sistema di indicatori adeguato alla realtà in cui opera l’organizzazione.

Il controllo della bontà della gestione non può prescindere dal monitoraggio di indicatori che – in modo omogeneo nel tempo – sono in grado di valutare le prestazioni e di confrontare quelle di oggi con quelle di ieri, valutare gli scostamenti fra risultati ottenuti e risultati pianificati e, se possibile, paragonare i nostri risultati con quelle dei nostri concorrenti.

Anche la piccola media impresa non può più essere gestita “navigando a vista”, non possono e non devono essere rilevanti solo i dati relativi ai volumi di fatturato. L’imprenditore deve essere pienamente consapevole dei costi e dei ricavi di tutto il ciclo produttivo, dei piani di sviluppo, per mantenere ed accrescere la sua posizione nel mercato di riferimento e la sua credibilità.

Disporre di un patrimonio informativo e condividerlo con interlocutori terzi che direttamente o indirettamente sono coinvolti nella sopravvivenza e nello sviluppo dell’impresa è un elemento di forza: Basilea 2 premierà le imprese con una solida struttura economico-patrimoniale-finanziaria che potranno accedere al mercato del credito con minori ostacoli e costi più contenuti.

L’identificazione di quelli che sono gli indicatori più opportuni per monitorare l’andamento aziendale non può essere imposta dall’esterno, deve essere un processo di analisi interna dell’organizzazione, a partire dalla visione per processi, supportata da professionisti che ben conoscono le dinamiche delle imprese.

Nella definizione degli obiettivi aziendali dovrebbero essere individuati e considerati i fattori chiave di successo dell’organizzazione, ossia quegli aspetti attraverso cui l’azienda deve competere sul mercato. Gli obiettivi dell’organizzazione dovranno essere trasformati in indicatori misurabili e monitorati costantemente.

Gli indicatori chiave di rendimento, noti ormai semplicemente con il loro acronimo «KPI» (Key Performance Indicators), sono utilizzati dalle varie organizzazioni per ottenere una misura dell’esito delle azioni intraprese in relazione ai cosiddetti «fattori critici di successo» (CSF – Critical Success Factors) che, definiti in sede di pianificazione strategica, rappresentano macro- obiettivi ed obiettivi veri e propri che l’azienda si è posta di raggiungere entro un termine prefissato. I KPI sono utilizzati quindi, nella sostanza, per misurare quantitativamente l’aderenza delle azioni dell’organizzazione a tali fattori, senza dimenticare che a differenti attività imprenditoriali corrisponde  una differente individuazione dei criteri di determinazione degli indicatori chiave da utilizzare. Ma i KPI da soli non bastano a risolvere il problema, ovvero la frenetica ricerca del controllo dei costi, delle risorse, dell’azienda nel suo complesso. Gli indicatori di sintesi, per funzionare, devono essere integrati in un sistema strutturato di information delivery in grado di gestire l’analisi dei dati in chiave strategica.

Solo un’attenta e competente analisi dell’azienda, dei suoi prodotti o servizi, del mercato e degli obiettivi del management può portare alla progettazione di un sistema informatico di raccolta dati integrato con gli applicativi esistenti, ottimizzato per il calcolo, in tempo reale o quasi, di quegli indicatori fondamentali che andranno a costituire la cosiddetta «dashboard» (o “cruscotto”), struttura informativa che permette di tenere sotto controllo l’andamento attuale delle attività, pur non consentendo una facile interpretazione del futuro.

Essa viene istituita ai diversi livelli aziendali per monitorare determinati indicatori che risultano fondamentali per consuntivare l’effetto delle scelte di gestione.

Fondamentalmente la dashboard è quindi un sistema di rilevazioni per indici spesso mantenuto attraverso strumenti informativi che agevolano la visione d’insieme tramite indicatori sintetici che consentono di focalizzare l’analisi di trend e tendenze e di effettuare simulazioni.

La dashboard consente principalmente di instaurare relazioni, anche se semplici, tra i diversi indicatori adottati, permettendo di esprimere semplici ipotesi di scenari futuri.

È evidente che si tratta ancora di relazioni semplificate e di una visione parziale degli scenari di simulazione, tuttavia può essere utile alle decisioni di ambito strategico. In sintesi si tratta di uno strumento di analisi operativa ad uso del management di medio ed alto livello e deve essere incluso tra gli strumenti di information delivery. Dalla dashboard alla più articolata metodologia di gestione denominata «Balanced Scorecard» il passo è breve, a condizione di disporre di un sistema informatico flessibile, commisurato alle esigenze dell’impresa, dotato di strumenti di business intelligence per effettuare analisi di dettaglio.

Le Balanced Scorecard non costituiscono solo uno strumento di controllo che consente alle organizzazioni di monitorare l’andamento delle proprie performance nel tempo, ma rappresentano una metodologia di controllo strategico utilizzata in un’azienda per documentare, comunicare, attuare e gestire la strategia di tutta l’organizzazione, allo scopo di tradurre missioni e strategie in un insieme completo e bilanciato di indicatori di misura delle prestazioni. Si tratta di un nuovo sistema di gestione dell’azienda, finalizzato a misurare l’effettivo raggiungimento della strategia dell’organizzazione e degli obiettivi da essa derivanti. Questa metodologia permette di impostare un insieme di indicatori di misura intorno ai quali implementare un sistema di controllo direzionale veramente efficace.

L’idea nasce dal fatto che gli indicatori economici e finanziari sono indicatori ex post che forniscono informazioni relative ad azioni che sono state già realizzate. Occorre pertanto identificare un insieme di indicatori che permetta di monitorare l’organizzazione da diverse prospettive, ma soprattutto che scaturisca dalla strategia definita dal management e dagli obiettivi che ne derivano.

Il “bilanciamento” degli indicatori nasce per evitare che i buoni risultati di un settore di attività, di una divisione o di una funzione possano trasformarsi in danni per altri settori/divisioni/funzioni.

Il processo che porta l’azienda a definire obiettivi ed indicatori, implementare dashboard e sistemi di controllo di gestione ispirati alle Balanced Scorecard deve però essere guidato da professionisti competenti e capaci, che sappiano orientarsi sia fra gli aspetti puramente informatici, sia fra i sistemi di gestione aziendale più moderni.