Facciamo seguito a precedenti articoli sul calcolo del costo del prodotto per introdurre il tema del calcolo del giusto prezzo del prodotto da formulare nel preventivo al cliente. Qui esamineremo i principali aspetti da prendere in considerazione nella determinazione del prezzo del prodotto – realizzato su commessa da un’impresa manifatturiera – da proporre al cliente nel preventivo. Successivamente vedremo il caso della determinazione del prezzo del servizio per un’organizzazione di servizi che opera su commessa.
In questo periodo le piccole imprese manifatturiere che lavorano su commessa conto terzi si trovano spesso a dover formulare un preventivo ad un cliente nuovo o conosciuto per un nuovo prodotto da realizzare su specifica del cliente. Questo avviene perché molte aziende ricercano continuamente offerte più concorrenziali per i propri prodotti allo scopo di ridurre i costi ed individuare un fornitore più affidabile.
In queste situazioni la nostra piccola impresa prova a calcolare il costo del prodotto al fine di formulare un preventivo auspicabilmente vincente. Talvolta il calcolo del costo del prodotto è agevolato dalla richiesta di una campionatura da parte del cliente che permette al fornitore di provare a realizzare i pezzi richiesti in base ad un ciclo di produzione ipotetico.
Come abbiamo già visto dal precedente articolo “Come calcolare il costo vero del prodotto“, gli elementi da considerare sono il costo del materiale, il costo delle lavorazioni, i costi indiretti, le spese generali o di struttura ed il margine o utile d’impresa. Con il metodo del full costing (o costo pieno) occorre considerare accuratamente tutte queste voci per calcolare una stima veritiera del costo “pieno” del prodotto e da questo, aggiunto un po’ di utile, determinare il prezzo da proporre al cliente.
Nella logica del full costing – fermo restando che il costo del materiale ed il costo delle lavorazioni siano calcolati nel modo corretto – un buon margine di incertezza viene attribuito aggiungendo, normalmente in percentuale sul costo diretto, una quota relativa ai costi indiretti e di struttura a cui poi si aggiungerà l’utile, spesso in percentuali risicatissime. Proprio questi ultimi elementi possono far commettere notevoli errori all’imprenditore che utilizza metodi di calcolo concettualmente inesatti oppure, più probabilmente, che dispone di dati imprecisi relativi ai costi, dovuti ad una sommaria rilevazione dei costi per questi fini. Infatti i dati di bilancio, oltre che spesso troppo vecchi, specie in periodi di frequenti fluttuazioni, sono attribuiti a voci di costo utili alla contabilità generale, ma non pertinenti per il controllo di gestione. Beninteso alla fine i costi complessivi dell’impresa sono quelli della contabilità, ma gli ammortamenti contabili delle macchine sono altra cosa rispetto a quelli reali e la ripartizione dei costi indiretti e delle spese generali sui vari prodotti o commesse non è spesso effettuata nel modo corretto. Di conseguenza si rischia di formulare preventivi troppo elevati o, peggio, troppo bassi.
In questo caso il metodo del direct costing potrebbe essere più correttamente implementato, a patto di determinare i costi diretti (materiali e lavorazioni) in modo sufficientemente preciso. Inoltre prevedere la percentuale – rispetto ai ricavi – dei costi fissi, delle spese generali o costi di struttura, è abbastanza aleatorio in tempi di grandi fluttuazioni di fatturato, purtroppo spesso in negativo.
Infatti, in periodi di capacità produttiva non saturata come quelli che stanno vivendo molte piccole imprese, spesso è opportuno acquisire più commesse con margini lordi comunque positivi ed in grado di portare ad un’adeguata copertura dei costi fissi, se le quantità di prodotti e la continuità del lavoro sono favorevoli. In questa ottica però occorre attribuire nel modo corretto al prodotto tutti quei costi che sono realmente generati dalla produzione della commessa di cui il cliente ha richiesto il preventivo. Talvolta è addirittura il cliente che impone un prezzo al quale è disposto ad assegnare la commessa e questo atteggiamento è ancor più temibile per l’imprenditore che non sa cosa fare, se accettare a costo di lavorare sottocosto, oppure cercare di forzare il prezzo proposto dal cliente col rischio di perdere il lavoro.
In sintesi possiamo elencare alcuni aspetti da tenere in debita considerazione ed alcuni errori da evitare nel calcolo del preventivo:
- Considerare tempi di lavorazione standard per la valutazione dei costi, non tempi “ideali” se tutto va bene. Occorre considerare nei tempi di lavorazione del ciclo di produzione anche una quota comprensiva di eventuali fermi macchina, rilavorazioni per prodotti non conformi (valutare il tasso di non conformità abituale), tempi di attrezzaggio mediamente più lunghi per inconvenienti vari, tempi di cambio utensili, ecc. Naturalmente sarebbe buona cosa possedere una valida mole di dati su produzioni analoghe per valutare correttamente suddetti elementi.
- Considerare l’obsolescenza del materiale eventualmente acquistato in più, oppure scartato, per realizzare la commessa. Inoltre per lotti futuri bisogna valutare l’andamento dei prezzi della materia prima: salvo incrementi significativi ed accertati da tutti il cliente farà fatica a riconoscere un aumento di prezzo.
- Imputate alla potenziale commessa tutti i costi indiretti che causerà oltre alla normale attività produttiva. Il maggior tempo assorbito a personale addetto ai controlli e collaudi finali oppure al responsabile qualità, eventuali strumenti aggiuntivi da acquistare o da tarare con maggior frequenza o con un grado di precisione maggiore, richieste di assicurazione qualità del cliente (carte di controllo, indici Cp e Cpk, tracciabilità del lotto, dichiarazioni di conformità, ecc.) normalmente non assolte.
- Calcolare con accuratezza i costi di immagazzinaggio e di trasporto: in certi casi il prodotto finito (o semilavorato o la materia prima per il nuovo prodotto) ha esigenze di immagazzinamento e conservazione più impegnative oppure il trasporto richiede accortezze maggiori o tempi di consegna più rapidi.
- Valutare correttamente le fasi di lavorazione esterne: se alcune fasi di lavorazione devono essere svolte da fornitori esterni non considerate solo l’offerta più bassa poiché in futuro potrebbe essere necessario cambiare il fornitore perché non soddisfacente, inoltre potrebbero emergere costi nascosti per controlli aggiuntivi, gestione di non conformità, ecc..
- Considerare le peculiarità del cliente: è un nuovo cliente importante oppure è un cliente abituale che aggiungerebbe un prodotto alla sua gamma? In quest’ultimo caso i costi fissi amministrativi assorbiti dal nuovo prodotto sarebbero minimi in quanto esiste già l’anagrafica, il listino, i termini di pagamento, ecc.. Viceversa un nuovo cliente importante potrebbe portare ad altri ordini.
- Se il prodotto viene realizzato quasi completamente all’esterno, presso un fornitore, non bisogna addebitare alla commessa costi indiretti e spese generali come per i prodotti realizzati internamente.
Naturalmente ogni impresa ed ogni preventivo avrà altri aspetti specifici da valutare.
Infine attenzione al calcolo dell’incidenza delle spese generali e del margine o utile d’impresa: nella teoria del controllo di gestione (e del calcolo degli indici di bilancio) un utile del 10% è calcolato sui ricavi (prezzo al cliente), mentre è abitudine – nel calcolo del preventivo – aggiungere una percentuale di utile al costo finale del prodotto.
Un esempio per chiarire: se un prodotto ha un costo complessivo (costo pieno nell’ottica del full costing) di 80 euro e vogliamo aggiungerci un utile del 15% (sugli 80 euro) otteniamo un utile di 12 euro, ovvero un prezzo di 92 euro, ma a fronte di un ricavo di 92 euro l’utile reale sarà di (92-80)/90=13,3%!
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